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Trani ricorda il carabiniere Luigi De Gennaro: vittima di terrorismo nel 1965

A 49 anni dalla morte, il comando provinciale dei carabinieri della provincia di Barletta-Andria-Trani ricorda Luigi De Gennaro, vittima di terrorismo, a cui il 21 aprile del 2010 fu concessa l’alta onorificenza della Medaglia d’Oro di Vittima del terrorismo dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

De Gennaro morì ad appena 24 anni. Nato a Trani il 29 agosto 1941, si arruolò nell’Arma appena ventenne. Dopo le prime esperienze nei reparti mobili di Palermo e Laives, in provincia di Bolzano, venne destinato nel 1965 alla stazione dei carabinieri di Sesto Pusteria, comune di 1.650 abitanti in Trentino Alto Adige.

Gli anni 1965-1966 sono drammatici: si registra la fase più accesa del terrorismo altoatesino che provoca molti morti tra cui diversi carabinieri.

La sera del 26 agosto 1965 la pattuglia composta dai carabinieri Palmerio Ariu e Luigi De Gennaro è appena rientrata in caserma ma, all’ora di cena, i terroristi aprono il fuoco con un mitra colpendo prima Ariu e poi De Gennaro. Il carabiniere tranese fu colpito da oltre 30 colpi di mitra e morì poco dopo durante il tragitto in ospedale.

Nella motivazione della Medaglia d’Oro a De Gennaro si legge: «Per gli alti valori morali espressi nell’attività prestata presso l’Amministrazione di appartenenza nell’evento occorso in Sesto Pusteria il 26 agosto 1965 quando venne ucciso da alcuni terroristi che esplosero alcuni colpi di mitra contro la caserma dove si trovava».

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Attualità Bari News

Bari, 33 anni fa l’arrivo della Vlora: a Desiati, autore di “Mare di zucchero”, le chiavi della città

Nel 33esimo anniversario dell’arrivo della nave Vlora, con a bordo 20mila profughi albanesi, nel porto di Bari, il sindaco del capoluogo pugliese Vito Leccese ha consegnato a Mario Desiati, autore di “Mare di zucchero“, edito nel 2014 da Mondadori, le chiavi della città.

La Vlora, ha detto Leccese durante la cerimonia, «partì da Durazzo letteralmente ricoperta da migliaia di persone, come un pezzo di frutta assalito dalle formiche: ricordo che quando la vedemmo avvicinarsi al porto di Bari, di fatto lo scafo era letteralmente invisibile, scomparso sotto un brulichio di persone».

Leccese ha confessato che qualche giorno fa, durante la celebrazione eucaristica per la festa patronale di San Nicola a Torre a Mare, il parroco, citando proprio Desiati, ha detto che «i santi più importanti arrivano dal mare, a mani nude ma con il cuore pieno di miracoli». E, in questo senso, il racconto della Vlora che Mario ci ha donato «ha uno straordinario valore i termini di testimonianza e di riflessione collettiva».

Desiati «con uno sguardo poetico e acuto racconta il Sud e il mondo, libero da provincialismi e luoghi comuni», ha affermato Leccese: «La sua scrittura, capace di seminare dubbi e domande – ha aggiunto -, dà voce a sogni universali e aspirazioni legate alla nostra terra di Puglia», ha aggiunto.

Con “Mare di zucchero” Desiati ha scritto «un romanzo che racconta le grandi migrazioni del secondo Novecento attraverso gli occhi di due ragazzi uniti dal desiderio di libertà», ha sottolineato Leccese ringraziando lo scrittore «per averci fatto scoprire la bellezza della nostra terra e la complessità della vita».

Le commemorazioni per il 33esimo anniversario dell’arrivo della Vlora a Bari proseguiranno nel pomeriggio, a San Girolamo, con un momento di riflessione che culminerà con la presentazione della gigantografia dell’iconica foto “Sono persone” scattata da Lorenzo Turi.

Desiati: «La Puglia dopo il 1991 è una Puglia migliore»

«Per me questo riconoscimento è molto emozionante perché Bari è forse la città in cui ho vissuto più a lungo dopo Roma e Berlino», ha ricordato Mario Desiati. «Il collegamento di questa giornata è il mio “Mare di zucchero” che ho inizialmente scritto per un pubblico di ragazzi ma che è stato letto anche da molti adulti. Da pugliese – ha aggiunto -, ritengo che non siamo mai fino in fondo consapevoli di essere in un luogo in cui si incrociano i traffici di tutto il mondo: tutti passano dalla Puglia, l’ho imparato da un grande maestro Franco Cassano, e tutti quelli che ci passano lasciano qualcosa».

Bari, ha detto ancora lo scrittore, «è al centro di grandi connessioni culturali. Proprio in questa città si è cristallizzato qualcosa che discende dal nostro legame speciale con il popolo albanese, siamo come fratelli divisi dal mare. E il mare è nutrimento, sono le persone che sono venute qui: c’è una Puglia prima e dopo il 1991, lo dico sempre, e la Puglia dopo il ’91 è la Puglia migliore».

Desiati ha evidenziato che «chiunque abbia vissuto quei giorni del 1991 in prima linea, come il sindaco, o anche da semplice spettatore, sa che non c’è futuro se non c’è memoria. La memoria è fondamentale, certo, ma non è facilmente trasmissibile perché è facilmente manipolabile: per questo dobbiamo attenerci ai fatti, riflettendo su cosa eravamo prima di allora. La Puglia è sempre stata terra di partenze, terra di emigranti. Ognuno in famiglia ha qualcuno che è dovuto partire».

Lo scrittore ha poi fatto riferimento alla strage di Marcinelle, di cui oggi ricorre il 68esimo anniversario, «ha visto morire moltissimi pugliesi».

La pergamena con le motivazioni del riconoscimento consegnato a Mario Desiati

A Mario Desiati, che nei suoi romanzi racconta il sud e il mondo con uno sguardo poetico e acuto, al tempo stesso dolce e rude, libero da provincialismi e luoghi comuni.

Desiati appartiene a quella generazione di scrittori che hanno portato la terra di Bari e la Puglia fuori da qualsiasi cliché letterario per dar voce ad aspirazioni, pulsioni, sogni universali eppure legati a luoghi e contesti del tutto particolari. La sua è una scrittura che rifugge l’assertività per seminare dubbi e domande e raccontare la complessità partendo da una condizione personale di ricerca costante di senso e di felicità che incrocia grandi questioni sociali e politiche.

Le chiavi della città di Bari vogliono essere insieme il riconoscimento di uno straordinario percorso autoriale e il suggello di un legame che ha radici nella stessa terra, la nostra, bellissima terra di Puglia.

Consegnargli questo riconoscimento nel trentatreesimo anniversario dell’arrivo della Vlora è anche un omaggio al suo “Mare di zucchero”, un romanzo che racconta l’irrompere della storia delle grandi migrazioni del secondo Novecento nella città di Bari attraverso gli occhi di due ragazzi, divisi da qualche chilometro di mare, da lingue e culture diverse e da vite opposte ma accumunati dall’energia inesauribile dell’adolescenza e da quel desiderio di libertà che è la molla dei grandi cambiamenti.

Un romanzo di formazione e di passione, l’incontro di due mondi lontani che brucia ogni distanza nello stesso anelito alla vita e alla scoperta.

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Attualità Bari News

L’arrivo della Vlora a Bari: la foto iconica diventa una gigantografia. A Desiati le chiavi della città

Una data che ha cambiato la storia dell’immigrazione del Novecento e che vede Bari come protagonista assoluta degli eventi.

Era l’8 agosto del 1991 quando nel porto del capoluogo pugliese approdò la motonave Vlora con a bordo 20mila profughi albanesi.

Un evento che mise alla prova le capacità di accoglienza della città capace di dimostrare tutta la sua umanità.

Domani, in occasione del 33esimo anniversario dell’arrivo della Vlora, il Comune di Bari ha deciso di celebrare l’evento con due appuntamenti.

Le chiavi della città a Mario Desiati

Si parte con la consegna delle chiavi della città a Mario Desiati – appuntamento alle 11:30 a Palazzo di Città – autore di “Mare di Zucchero“, pubblicato da Mondadori nel 2014, che ripercorre quegli eventi.

Alla cerimonia interverranno il console di Albania a Bari Artur Bardhi, l’assessore regionale Gianni Stea (che porterà il saluto del governatore), l’assessora alle Culture Ines Pierucci, la consigliera metropolitana delegata alla Cultura Francesca Pietroforte e Gianni Di Cagno, Mimmo Magistro, Luca Turi, Alessandro Piva, Nicola Montano e Saverio D’Alonzo, testimoni dell’evento cui anche l’attuale sindaco Vito Leccese partecipò da giovane assessore della giunta guidata da Enrico Dalfino, oltre ai familiari di quest’ultimo.

La gigantografia dell’iconica foto “Sono persone”

In serata, alle 19, in largo Sono persone 8.8.1991″ (via Vito de Fano 29), a San Girolamo, alla presenza del sindaco Leccese, dell’assessora Pierucci e del presidente di Arca Puglia Centrale Piero De Nicolo, si terrà un momento di riflessione sui valori civili e umani dell’apertura, dell’accoglienza e dell’integrazione.

Per l’occasione il comitato spontaneo che si riunisce presso largo “Sono persone” ha realizzato una gigantografia (180×260 cm) del famoso scatto che testimonia lo sbarco dei 20mila albanesi realizzato da Lorenzo Turi, allora sedicenne.

Il pannello, donato al Comune di Bari, integrerà l’opera “Sono persone 8.8.1991” di Jasmine Pignatelli, installata sulla facciata dell’edificio di edilizia popolare di Arca Puglia Centrale e poi completata con la scultura gemella a Durazzo in Albania in occasione del trentennale dello sbarco della Vlora.

Alla cerimonia parteciperanno, tra gli altri, Lorenzo Turi, Francesco Rossini, rappresentante del comitato spontaneo, Eva Meski, arrivata a Bari con la Vlora e rappresentante dell’associazione “Le Aquile di Seta”, Pino Rana e Filomena Lisco del Circolo Acli La Pira, testimoni dello sbarco, e Jasmine Pignatelli che, insieme a Giuseppe Dalfino, ha coadiuvato e sostenuto le intenzioni del comitato.

A seguire si terrà un reading di Marco Grossi della compagnia Malalingua su letture di don Tonino Bello, con accompagnamento vocale a cappella di Monica De Giuseppe. L’iniziativa è realizzata in collaborazione con il Teatro pubblico pugliese.

Il comitato promotore dell’iniziativa è costituito da cittadine e cittadini di Bari, italiani e albanesi, e dai residenti di San Girolamo che perseguono l’obiettivo comune di valorizzare, conservare, tutelare e divulgare i valori di amicizia e accoglienza che l’opera d’arte di Jasmine Pignatelli veicola attraverso le parole tradotte in linguaggio morse pronunciate dall’allora sindaco Enrico Dalfino: «Sono Persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza».

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Bari Cultura e Spettacoli

Trent’anni dalla morte di Domenico Modugno, Lino Banfi: «Mimmo era immenso» – L’INTERVISTA

«Fu il primo a credere in me. Disse a mio padre che sarei diventato qualcuno». È una profonda amicizia quella che per anni ha legato Lino Banfi (all’anagrafe Pasquale Zagaria) e Domenico Modugno. I due, oltre alle radici pugliesi, condividevano l’amore per la musica e per la vita. L’attore e sceneggiatore, originario di Andria, tra aneddoti e ricordi emozionanti, ripercorre il profondo rapporto con il cantautore nel trentennale della sua morte.

Cosa ricorda del suo primo incontro con Domenico Modugno?

«Lui venne a vedere uno spettacolo della compagnia di varietà in cui ero all’epoca, parliamo di oltre 60 anni fa. Gli piacque molto e mi chiese se volessi entrare a fare parte di una compagnia con lui per 3-4 mesi. Riscuotemmo un successo incredibile. Io sul contratto avrei voluto scrivere che mi sarei esibito ovunque in Italia, meno che in Puglia… A Canosa, a Bari… non volevo mi vedessero i miei compaesani che dicevano a mio padre che ero “un morto di fame” per voler far parte di una compagnia di varietà. Che non avrei fatto nulla nella vita».

E cosa successe?

«Mimmo mi disse “no, devi andare nel tuo paese. Avrai successo”. Di lì diventammo molto amici. Volle che mio padre venisse a vederci al Teatro Petruzzelli e gli promise che sarei diventato famoso. Che sarebbero stati gli altri a togliersi il cappello quando passava. Instaurammo un rapporto fraterno che andava oltre il lavoro».

In cosa eravate simili e in cosa diversi?

«Come fai ad essere simile a qualcuno di così grande. Poi Modugno era un bell’uomo, non si potevano fare paragoni. E quando decideva di fare qualcosa, la faceva».

Oltre al talento fuori dal comune, cosa ha contribuito a rendere “grande” Domenico Modugno?

«Innanzitutto la sua “pugliesità”. Lui era molto pugliese come mentalità. Passava per siciliano, ma non lo era. Non lo so, questo era il suo carattere… sempre forte, sempre deciso. Ddiceva “questo lo dobbiamo fare, non ti preoccupare”. Era cordiale e altruista, immenso. Mimmo era immenso».

Quanto il rapporto con il mare ha influito nella sua vita?

«Lui era un grande nuotatore. Dopo che ebbe l’ictus andai a trovarlo a Lampedusa dove aveva una bellissima villa sul mare. All’epoca non riusciva a camminare bene, era ingrassato… disse che mi avrebbe insegnato a nuotare. “Ma a chi? Sei scemo” gli risposi. Io ho paura dell’acqua, lui era un delfino. La sua forza era proprio quella, quando gli chiedevo come facesse a nuotare così visto che a malapena riusciva a muovere le braccia e le gambe lui mi rispondeva: “È questa fottutissima vita che faccio”. Ce l’aveva con la vita perché aveva avuto questa malattia e non era più quello di prima. La sua forza era il mare».

Lei ha scritto una canzone per Domenico Modugno.

«Sì, scrissi una canzone che si chiamava proprio così: “Fottutissimi ricordi”. A lui piacque molto e gliela feci musicare da un chitarrista che era lì. “Fottutissimi ricordi/perché state sempre appresso a me”, lui non voleva averli questi ricordi. In quel periodo però aveva scritto un pezzo bellissimo che cantò con il figlio, si chiamava “Delfini”. E quindi non poteva fare un pezzo simile, che parlasse più o meno dello stesso argomento. Però disse che era molto bella. Anni dopo lo feci sentire anche a Franca, sua moglie, che gradì molto questo provino».

Un’ultima domanda. In cosa il “Mimmo” che conosceva lei era diverso dal Domenico Modugno artista?

«Il Mimmo che conoscevo io anche nella vita di tutti i giorni era sempre l’artista. Però era entusiasta di vivere, entusiasta di muoversi. Lui faceva tutto con un’attitudine positiva. I momenti negativi iniziarono con quella “fottutissima malattia”, come la chiamava lui».

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Bari Cronaca News

A Bari il ricordo delle vittime della strage di Bologna, Leccese: «Una giornata drammatica»

Alle 10:25, l’orario esatto in cui il 2 agosto del 1980 nella sala d’aspetto della stazione di Bologna esplose l’ordigno che uccise 85 persone e ne ferì altre 200, anche Bari si è fermata per ricordare quei tragici eventi.

Nel 44esimo anniversario della strage di Bologna, il sindaco del capoluogo pugliese Vito Leccese – con il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, il prefetto di Bari Francesco Russo e dei rappresentanti delle forze dell’ordine – ha deposto una corona di fiori presso la lapide esposta sulla facciata di Palazzo di Città in ricordo delle vittime baresi della tragedia: Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Vito Diomede Fresa, Errica Frigerio, Patrizia Messineo, Giuseppe Patruno e Silvana Serravalli.

«Per quelli della mia generazione – ha ricordato Leccese – il 2 agosto del 1980 fu una giornata drammatica, indimenticabile: le immagini che arrivavano dall’edizione straordinaria del Tg1 sconvolsero l’Italia intera. In tanti stentavamo a credere che fosse realmente accaduto quello che vedevamo passare sullo schermo: immagini di morte e distruzione, macerie e corpi straziati. In piena estate l’Italia fu colpita al cuore dei suoi valori e il popolo dei vacanzieri fu barbaramente trucidato nel corso di un attentato di matrice fascista che fu l’ultimo della stagione più buia della nostra storia recente».

Leccese ha sottolineato come l’Italia «riuscì a mobilitarsi per chiudere il decennio della violenza politica, delle stragi, di quella strategia della tensione che, alimentata anche dalle trame eversive e da apparati deviati dello Stato, tentava di destabilizzare la nostra democrazia».

Nel 2006 fu l’allora sindaco di Bari, Michele Emiliano, a far realizzare la lapide che riporta i nomi delle sette vittime baresi. «Una targa che ha un forte valore simbolico – ha evidenziato Leccese -, perché nel 1944, proprio nel teatro Piccinni, le forze antifasciste e democratiche del nostro Paese decisero di dar vita al percorso poi compiuto dai padri costituenti attraverso l’elaborazione della Costituzione e la costruzione della Repubblica italiana».

A 44 anni di distanza da quella terribile giornata, anche la lapide affissa a Bari «ci richiama tutti al senso di responsabilità affinché tutto quanto accaduto non torni a ripetersi. Questa targa rappresenta un monito a difendere, ciascuno nel proprio ruolo, i valori fondanti la nostra democrazia, impegnandoci ogni giorno per la verità e la giustizia nella nostra città, che è profondamente antifascista», ha concluso Leccese.

Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha ricordato che il 2 agosto è «una data fondamentale nella storia della Repubblica. Anche alla luce delle due recenti sentenze che hanno confermato, come ha ricordato stamattina il presidente dei familiari delle vittime Paolo Bolognesi, sia la matrice neofascista della strage, come peraltro viene ricordato sulla lapide che abbiamo affisso molti anni fa sul palazzo di città di Bari, e sia il contributo finanziario per la realizzazione della strage da parte della loggia P2: servizi segreti deviati, neofascismo e massoneria deviata volevano cambiare il corso della storia».

A Bari il ricordo delle vittime della strage di Bologna - Dichiarazioni Emiliano

Emiliano ha sottolineato che «la gravità del fatto di aver compiuto la strage più grave della storia della Repubblica, diventa ancora maggiore per le finalità che questo terribile evento voleva raggiungere: sovvertire l’ordinamento costituzionale antifascista che viene dalla Resistenza della Repubblica italiana. La Puglia – ha concluso – non dimentica Sonia Burri, Francesco Cesare Diomede Fresa, Vito Diomede Fresa, Errica Frigerio, Patrizia Messineo, Silvana Serravalli e Giuseppe Patruno, vittime innocenti della strage neofascista del 2 agosto 1980 della Stazione di Bologna».

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