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In Primo Piano News Politica Puglia

Defr, autonomia e rimpasto in Giunta: le grane post-vacanze della Regione Puglia

Il Consiglio regionale pugliese scalda i motori in attesa della ripresa dopo la pausa estiva. In primo piano i nodi da sciogliere dopo il mega flop dell’ultima seduta di fine luglio in cui la maggioranza non è riuscita a portare in porto i due provvedimenti più importanti. Il Defr, il documento di economia e finanza, sollecitato dalla Corte dei Conti, che andava approvato entro fine luglio. Ma, soprattutto, la delibera contenente i quesiti referendari per cancellare il ddl Calderoli contro l’autonomia differenziata.

La data

E così già dai primi di settembre, forse proprio martedì 3, sarà convocato il primo consiglio regionale. Un appuntamento decisivo per appianare dissapori e tensioni scoppiate all’interno dei e fra i partiti di centrosinistra. A partire da Azione che aveva chiesto l’approvazione della legge omnibus su nuovi Lea, energia pulita, ed un’altra trentina di emendamenti, in cambio del si al Defr.

I precedenti

Un passaggio saltato dopo la richiesta dei inversione dell’ordine del giorno da parte del vice presidente Raffaele Piemontese. Lo scivolone ha lasciato in eredità una serie di scossoni e la lite a distanza fra il governatore Emiliano e la presidente del Consiglio Loredana Capone, rea a detta di Emiliano di non aver gestito l’aula subendo un accordo capestro, una sorta di ricatto, da parte dei partiti che prevedeva il si al Defr solo dopo l’approvazione del mini omnibus con una sfilza di emendamenti confezionati a misura dei gruppi di maggioranza ed opposizione.

Il chiarimento

Da qui la necessità di un chiarimento fra i due che potrebbe avvenire nei prossimi giorni. Anche perché prima della pausa è stato lo stesso presidente Emiliano ad imporre un controllo più stringente da parte del governo sull’organizzazione dei lavori del Consiglio regionale.

Il mini rimpasto

Altro problema da affrontare sarà il mini rimpasto di Giunta rimasto appeso dopo le nomine delle due assessore ad ambiente e cultura e l’annuncio del passaggio del vice presidente Piemontese dal bilancio alla sanità.

All’appello mancano i Cinque Stelle che in base agli accordi di maggio fra Emiliano e Conte dovevano rientrare nell’esecutivo dopo le bufere giudiziarie al comune di Bari ed alla Regione Puglia. Tanto che il governatore ha tenuto in caldo per la consigliera Rosa Barone la delega al Welfare che già aveva prima delle dimissioni imposte dal Movimento durante la campagna elettorale per la bufera giudiziaria.

Il gruppo dei pentastellati, tuttavia, chiede ad Emiliano di tornare alla situazione ante-dimissioni con la delega alla cultura (nel frattempo ceduta alle neo assessora Viviana Matrangola) per l’ex consigliere delegata Grazia Di Bari, e la vice presidenza del Consiglio a Cristian Casili, altro componente del gruppo giunto al suo secondo mandato. Sul punto Emiliano ha chiesto chiarezza al movimento Cinque Stelle con una decisione definitiva, dentro o fuori, da comunicare a stretto giro.

Nei prossimi giorni la questione, che s’incrocia con le liti scoppiate al Comune di Bari, dovrebbe risolversi sbloccando così anche il nodo dei direttori di dipartimento (le nomine sono state posticipate a metà settembre) con il capo dipartimento Welfare, Valentina Romano, scelta dalla Barone che in caso di non rientro dovrebbe fare le valigie.

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Bari News Politica

Oltre 500mila firme contro l’autonomia differenziata, Decaro: «Il Paese boccia la legge»

«Non è una battaglia di partito, né del sud contro il nord, è una battaglia per il Paese che deve restare unito, nelle scelte, nei diritti, nei salari e nei doveri». Lo afferma l’eurodeputato barese Antonio Decaro commentando il superamento dell’obiettivo delle 500mila firme richieste dalla legge per indire il referendum abrogativo della riforma sull’autonomia differenziata.

Nel sottolineare che «sono tantissimi i cittadini che anche nelle regioni del nord hanno firmato per il referendum», l’ex sindaco di Bari ricorda che dopo Puglia e Toscana, anche la Sardegna ha impugnato la legge facendo ricorso alla Corte Costituzionale. E lunedì sarà la volta della Campania.

«Il Paese ha già decretato il fallimento di questa legge», prosegue Decaro: «Ora – aggiunge – chiediamo che formalmente ci venga data la possibilità di cancellarla ufficialmente».

Poi l’annuncio: «Organizzeremo un grande confronto nazionale tra cittadini, costituzionalisti, governatori e sindaci, di territori del sud e del nord. Ci confronteremo sulle autonomie vere, quelle che servono al Paese e offriremo al Governo una nostra proposta», conclude Decaro.

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Editoriali L'Editoriale

Burocrazia, rischio duplicati

L’autonomia differenziata, così come è stata concepita nella recente riforma, presenta numerose criticità che richiedono una riflessione e una revisione profonda. Sebbene l’autonomia possa rappresentare un’evoluzione naturale del nostro sistema amministrativo, l’implementazione prevista rischia di aumentare le disuguaglianze tra le regioni e di generare costi aggiuntivi per i cittadini.

Uno dei problemi principali risiede nella possibilità di una duplicazione delle strutture amministrative, che potrebbe comportare un aumento dei costi anziché una loro riduzione. Questo rischio è particolarmente evidente nelle funzioni che lo Stato potrebbe dover mantenere, portando così a una moltiplicazione delle spese per la gestione pubblica. La maggioranza politica, con in testa la Lega, sostiene che la riforma non comporterà un aumento dei costi, ma le preoccupazioni sollevate indicano che potremmo assistere a una duplicazione delle strutture amministrative e, di conseguenza, a un incremento delle spese.

Attualmente, il sistema tributario italiano è fondato sulla progressività fiscale e sulla redistribuzione della ricchezza a livello nazionale. L’autonomia differenziata, però, potrebbe frammentare questo principio, provocando disparità nel finanziamento dei servizi pubblici tra le diverse regioni. Tale frammentazione potrebbe accentuare le differenze economiche e sociali tra le aree più ricche e quelle più povere del Paese.

In questo contesto, si inseriscono anche le recenti dinamiche fiscali, come la costante crescita dei contribuenti forfettari e l’introduzione della Flat Tax sul reddito incrementale per i contribuenti che aderisco al nuovo accordo con il fisco. Questi strumenti, pur avendo l’obiettivo di semplificare e ridurre il carico fiscale per alcune categorie di contribuenti, sottraggono entrate ai comuni e alle regioni. La Flat Tax, infatti, è un’imposta sostitutiva che rimpiazza anche le addizionali comunali e regionali, riducendo così le risorse a disposizione degli enti locali per finanziare i servizi pubblici. Il concordato preventivo biennale, che accompagna la Flat Tax, contribuisce ulteriormente a questa erosione delle entrate, minando la capacità dei comuni e delle regioni di garantire servizi equi e di qualità.

La gestione della sanità a livello regionale ha già mostrato evidenti limiti, soprattutto nel Sud, dove le disuguaglianze nell’accesso e nella qualità dei servizi sanitari sono più marcate. L’ulteriore regionalizzazione della sanità rischia di amplificare queste disuguaglianze. Già oggi, le differenze tra le regioni nel sistema sanitario sono significative e peggiorare ulteriormente questo scenario sarebbe inaccettabile.

Analogamente, l’istruzione è un settore che – a mio parere – deve rimanere centralizzato per garantire un’uguaglianza di opportunità educativa su tutto il territorio nazionale. La differenziazione delle competenze educative potrebbe portare a sistemi scolastici regionali di qualità variabile, creando ulteriori disuguaglianze socioeconomiche. La frammentazione del sistema educativo potrebbe compromettere la coesione nazionale e l’equità sociale.

Una possibile soluzione potrebbe essere il rafforzamento delle competenze dei comuni e delle province storiche, che sono gli enti di prossimità più vicini ai cittadini. Questi enti potrebbero gestire in maniera più efficace e diretta le risorse e le competenze, rispondendo meglio alle esigenze locali. Eliminare i corpi intermedi come le regioni, che hanno spesso fallito nella gestione delle risorse, potrebbe contribuire a una maggiore efficienza e trasparenza amministrativa.

La mobilitazione per il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata evidenzia quanto sia sentito e controverso questo tema. In pochi giorni, è stato raggiunto l’obiettivo delle 500mila firme necessarie per proporre il quesito referendario, grazie all’impegno di partiti, forze sociali e associazioni. Questo evento rappresenta un momento significativo per la democrazia italiana, dimostrando che la popolazione è presente e attiva. Quando la politica si fa sentire ed è vicina ai problemi della gente, la partecipazione elettorale diventa tangibile. È un bellissimo momento di democrazia che tanto manca al nostro paese, un segnale potente di partecipazione popolare contro una riforma considerata divisiva e pericolosa.

L’autonomia differenziata, per essere veramente efficace e giusta, dev’essere ripensata con una visione che parta dai territori, dando maggiori poteri ai comuni e alle province, eliminando le inefficienze create dalle regioni, e garantendo un’equa distribuzione delle risorse a livello nazionale. L’Italia ha bisogno di una nuova visione di paese, unita nella diversità, ma equa e giusta per tutti.

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Basilicata News Politica

Autonomia differenziata, il “no” di 70 sindaci lucani in una lettera al governatore Bardi

Autonomia differenziata, 70 sindaci lucani scrivono una lettera al governatore della Basilicata Vito Bardi affinché riveda la sua posizione sulla legge Calderoli. L’esito del voto in Consiglio regionale, il 2 agosto scorso, ha respinto la richiesta di impugnativa dinnanzi alla Corte Costituzionale. «Impoverisce i nostri territori», scrivono i primi cittadini.

La mobilitazione

Nella lista degli amministratori firmatari ci sono anche i due Presidenti di Provincia. «Siamo il 54 per cento e sfioriamo il 60 per cento della popolazione, Bardi ne prenda atto», dice il sindaco di San Paolo Albanese, Mosé Antonio Troiano, promotore dell’iniziativa. Ci sono i sindaci di Potenza e Matera, Vincenzo Telesca e Domenico Bennardi, dei comuni del Metapontino, Salvatore Cosma (Tursi) e Gianluca Palazzo (Rotondella) e quelli di Latronico, Alberto Fausto De Maria, e Lauria, Gianni Pittella, ex europarlamentare europeo e presidente dell’Unione Lucana del Lagonegrese. Sono solo alcuni. All’iniziativa hanno aderito anche il Presidente della provincia di Potenza, Christian Giordano, e quello della Provincia di Matera, Emanuele Pilato (facente funzioni fino alle prossime elezioni), successo a Piero Marrese dopo la sua elezione in Consiglio regionale. Il numero non lascia indifferenti: sono 131 i comuni lucani. Un dato che non sfugge al sindaco di San Paolo Albanese, comune meno popoloso della Basilicata (200 abitanti) in provincia di Potenza.

Lo spopolamento

«L’autonomia differenziata impoverisce i nostri territori e aumenterà lo spopolamento, già è difficile adesso. Che fine faremo?», dice Troiano. «Come può un giovane – continua il sindaco – decidere di restare al Sud quando al Nord avrà uno stipendio più alto, migliori opportunità? L’orientamento della cosiddetta legge Calderoli, dal ministro della Lega, è chiaro. La Meloni pur di avere il premierato ha appoggiato la Lega, che ha sempre voluto la secessione è c’è arrivata. Noi, da imbecilli, ci siamo cascati tutti, compresi molti parlamentari del Sud che, al di là del colore politico, avrebbero dovuto opporsi». Cosa vi aspettate dopo questa lettera? «Ormai Bardi e la sua maggioranza – dice Troiano – non credo abbiano la forza di dire sì, accettiamo questa posizione dei sindaci. Comunque siamo il 54 per cento. Se togliamo i due comuni commissariati, Atella e Senise, la percentuale supera il 60 per cento della popolazione perché le città di Potenza e Matera hanno aderito. Io credo che Bardi si debba rendere conto di questo dato. Considerando che lui, alla fine, se togliamo gli astenuti, ha vinto con il 30 per cento». «Dimostri – scrivono nella lettera a Bardi i sindaci lucani – amore verso la sua regione e l’Italia, difendendo il principio dei padri costituenti: “La Repubblica, una e indivisibile”».

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Italia News Politica

Referendum contro l’autonomia differenziata: in Puglia raccolte quasi 40mila firme

Sono già più di 440mila le firme accertate per il referendum contro la legge dell’Autonomia differenziata in tutta la penisola e aggiornate allo scorso 6 agosto.

Al Sud e nelle isole (222.928 firme totali pari al 50,29%) spiccano i risultati raggiunti dalla Campania e dalla Puglia che hanno rispettivamente raccolto 85.963 sottoscrizioni (pari al 19,39%) e 39.927 (con una percentuale del 9,01%).

Il conteggio è stato elaborato dall’agenzia di stampa Adnkronos e fornito dal Coordinamento per la Democrazia Costituzionale che, con il giurista Massimo Villone presidente e Alfiero Grandi vicepresidente, monitora costantemente i dati inviati dai Comitati locali distribuiti in tutta Italia all’organizzazione.

Le altre regioni

Nel Nord Italia sono state raccolte in totale 129.241 firme (meno che nelle altre aree), per una percentuale del 29,16%. Nello specifico: Valle d’Aosta 403, 0,09%; Piemonte 21467, 5,33%; Liguria 7714, 1,74%; Lombardia, 48661, 11,0%; Trentino-Alto Adige, 2808, 0,63%; Veneto 16085, 3,63%; Friuli-Venezia Giulia 4341, 0,98%; Emilia Romagna 27762, 6,26%. Al Centro: Toscana 25382, 5,73%; Umbria, 5658, 1,28%; Marche 7506, 1,69%; Lazio, 52539, 11,85%. Nel resto del Sud abbiamo ancora Abruzzo 8961, 2,02%; Molise 2950, 0,67%; Basilicata 6576, 1,48%; Calabria 23889, 5,39%; Sicilia 41485, 9,36%; Sardegna 13177, 2,97%.

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News Politica Puglia

Autonomia differenziata, FdI attacca Emiliano: «Impugna la legge per coprire la figuraccia»

«Per riparare alla figuraccia rimediata in due sedute consecutive» del Consiglio regionale che non ha approvato la richiesta di referendum abrogativo dell’autonomia differenziata «e dopo aver furiosamente litigato con la “sua” presidente del Consiglio Capone» il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano «ha tirato fuori dal cilindro un colpo di teatro: fare ricorso alla Consulta contro la legge Calderoli».

Lo sostengono i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia – il capogruppo Renato Perrini con i colleghi Luigi Caroli, Giannicola De Leonardis, Antonio Gabellone, Tommaso Scatigna e Tonia Spina – dopo che il governatore pugliese ha impugnato la legge che introduce l’autonomia differenziata davanti alla Corte costituzionale perché «lede le competenze delle regioni».

Per i consiglieri regionali di Fratelli d’Italia «è evidente che neppure il presidente Emiliano crede più nella sua maggioranza e dispera che il Consiglio possa approvare i due quesiti referendari contro l’Autonomia» e ha dunque deciso di impugnare la legge per riconquistare «i riflettori della stampa e salvare la faccia con i suoi colleghi presidenti dell’Emilia Romagna, Toscana, Campania e Sardegna che aspettavano la Regione Puglia per presentare i due quesiti referendari».

I consiglieri di Fratelli d’Italia parlano di un «colpo di teatro, sempre a spese dei pugliesi (quanto ci costa l’autorevole costituzionalista Massimo Luciani?)» con cui Emiliano «cerca, forse, di pareggiare i conti, decisamente sbilanciati, delle leggi regionali che il Governo impugna davanti alla Corte costituzionale. Dunque – concludono -, un’impugnazione che ha il sapore più di riabilitare Emiliano rispetto agli altri governatori rosso-gialli e di tirare uno schiaffone alla sua maggioranza (della serie: siete degli incapaci e allora faccio da me), che di vera intenzione di opporsi all’attuazione di un’Autonomia, prevista dalla nostra Costituzione, per volontà del centrosinistra. È bene ricordarselo sempre».

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News Politica Puglia

Autonomia differenziata, Emiliano impugna la legge: «Lese le competenze delle Regioni»

«Alle iniziative referendarie già promosse dalle Regioni e dai cittadini italiani, impegnati in una straordinaria mobilitazione per la raccolta di firme, si aggiunge la decisione della Regione Puglia di impugnare la legge Calderoli direttamente dinanzi alla Corte Costituzionale». Lo annuncia il governatore pugliese Michele Emiliano che ha deciso di impugnare la legge “Calderoli” del 26 giugno 2024, recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, per lesione della sfera di competenza delle Regioni, come previsto dall’articolo 127, comma 2, della Costituzione.

La Giunta regionale ha affidato oggi l’incarico all’avvocato Massimo Luciani, uno dei massimi costituzionalisti italiani, e al capo dell’Avvocatura regionale Rossana Lanza che coordina il gruppo per lo studio dell’autonomia differenziata istituito dal presidente della Regione.

In una nota, la Regione Puglia ricorda che «la Costituzione, all’articolo 116 comma 3, prevede la possibilità che siano attribuite “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni a statuto ordinario, e non certo la possibilità, invece prevista dalla legge Calderoli, del trasferimento di tutte le funzioni concernenti tutte le ventitré materie contemplate dall’articolo 117 della Costituzione, così perpetrando una palese violazione dei princìpi fondamentali di unità e indivisibilità della Repubblica».

Secondo la Regione Puglia, si tratta di una violazione che «si riverbera inesorabilmente sull’ordinamento regionale e sui princìpi supremi di eguaglianza tra i cittadini nell’esercizio dei diritti e nell’assolvimento dei doveri fondamentali». Inoltre, si legge nella nota, «la concessione di maggiori spazi di autonomia, per come realizzata, determinerebbe l’erosione delle risorse che lo Stato impiega per finanziare il fondo perequativo per le Regioni con minori capacità di spesa, impedendo così di finanziare specifici interventi di sviluppo economico e coesione sociale per contrastare gli svantaggi tra territori».

Il presidente Emiliano evidenzia che «c’è un corposo lavoro di approfondimento e studio alla base di questo percorso che si avvale della competenza e autorevolezza in materia del professor Luciani. Questa iniziativa – afferma – nasce con lo spirito di tutelare i cittadini italiani e l’unità stessa del nostro Paese nel rispetto dei principi sanciti dai nostri padri costituenti. Quindi tale impugnativa si affianca alle iniziative referendarie, seguendo un percorso parallelo che va nella stessa direzione e offrendo una strada in più dinanzi alla Corte costituzionale per contrastare gli effetti di squilibrio dell’assetto economico-finanziario delle Regioni e la violazione delle competenze regionali attribuite dalla Costituzione», conclude il presidente della Regione Puglia.

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News Politica Puglia

Autonomia differenziata, boom di firme per il referendum: Puglia seconda in Italia

Stamani la piattaforma del Ministero della giustizia che raccoglie le firme in formato digitale per chiedere il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata potrebbe indicare il superamento delle 500 mila autenticazioni. Un dato non da poco visto che le firme raccolte online sono già certificate, in quanto per apporle è necessario collegarsi con la propria personale e unica identità digitale, a differenza di quelle cartacee che necessitano del nulla osta della Corte di Cassazione che provvede a validare la raccolta.

I dati sui territori

Intanto, seppur in modo parziale giungono i primi dati divisi per territorio e la Puglia risulta essere la seconda regione in Italia con più adesioni, percentualmente alla popolazione residente, dopo la Campania. Mentre una cifra significativa indica che Lazio e Lombardia sono territori dove in molti hanno deciso di firmare per il referendum. Tutti elementi che preoccupano in particolare la Lega che sull’Autonomia ha fatto una battaglia identitaria.

Tuttavia il percorso per giungere alle urne è ancora lungo e soprattutto incerto, visto che la legge è agganciata all’articolo 116 della Costituzione, di conseguenza è necessario il giudizio di ammissibilità della Corte Costituzionale, tanto che lo stesso comitato nazionale per il referendum ha eletto quale proprio presidente Giovanni Maria Flick, costituzionalista e accademico, ma anche ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Consulta, proprio per garantire a tutto l’iter la massima aderenza alle norme in vigore così da scongiurare il giudizio negativo delle supreme Corti.

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Editoriali L'Editoriale

Non banalizzate il dibattito sulle riforme

È passata una settimana da quando anche la Regione Puglia – dopo la Campania, l’Emilia-Romagna, la Toscana e la Sardegna – ha dato il via libera alla richiesta di referendum abrogativo per la legge nazionale sull’autonomia differenziata, fortemente voluta dalla Lega e accettata, con tiepido entusiasmo, dalle altre forze del centrodestra. Il Consiglio regionale della Puglia ha votato a favore, nonostante il parere contrario espresso nei giorni precedenti dalla Commissione che si occupa proprio delle riforme. Certo, restano da individuare i delegati incaricati di presentare formalmente il quesito referendario, ma con l’adesione della Puglia tutte e cinque le Regioni a guida progressista si sono schierate contro la riforma disegnata dal ministro Roberto Calderoli e approvata a maggioranza dal Parlamento.

Fin qui tutto chiaro, così come era scontato questo “allineamento celeste” delle amministrazioni regionali di centrosinistra. Solo che anche questa volta, come è capitato in passato in tante occasioni, noi italiani abbiamo trasformato tutta la discussione sul provvedimento politico in un dibattito morale, un tempo si sarebbe preferito dire “ideologico”.

Così anche il tema dell’autonomia differenziata, a prescindere dai rischi reali e presunti che ne possano derivano alla nostra unità nazionale, cuore pulsante della Costituzione repubblicana, all’esasperazione delle disuguaglianze ataviche che zavorrano lo sviluppo uniforme dei territori, è diventata sin da subito l’alibi perfetto per una contrapposizione di piccolo cabotaggio. Dall’essere guelfi contro ghibellini, comunisti contro democristiani o semplicemente innocentisti contro colpevolisti, siamo saltati a piè pari in una nuova e irrilevante dicotomia tra leghisti veri, presunti o di riflesso, promotori e fautori del progetto dell’autonomia, e deluchiani, ovvero discepoli del presidente della Campania Vincenzo De Luca, capopopolo irruente e oppositore della norma. Una legge approvata probabilmente più per dare in pasto ai propri elettori una parvenza di efficientismo che per un’ampia e condivisa visione di adeguare ai tempi e alla società contemporanea le competenze tra i diversi livelli istituzionali del Paese. Ecco, il banco di prova dell’autonomia differenziata invece di produrre un dibattito intenso, di rigenerare le palestre formative dove far crescere la nuova classe dirigente, in particolare al Sud, si è ridotto a una sterile contrapposizione tra leghisti da una parte e deluchiani dall’altra, tra nordisti che vogliono tenersi strette le loro risorse fiscali e meridionalisti straccioni, che sbraitano per l’ennesimo furto subito.

Nella più nobile delle tensioni, invece riusciamo a dividerci tra progressisti, interessati alla bandiera dell’unità nazionale, dimenticandoci che qualche anno prima avevamo indossato la maglietta sulla quale oggi vomitiamo, e pericolosi fascisti, interessati a penalizzare il Sud e le sue popolazioni. Questo è il nostro limite più grande, ma è anche il limite più evidente che la riforma ha fatto riemergere e che ci penalizzerà fino a quando, come italiani e meridionali, non saremo capaci di mondare una volta e per tutte.

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News Politica Puglia

Autonomia differenziata, raggiunte le 500mila firme. FdI, intanto, evidenzia le “contraddizioni” di Emiliano – VIDEO

Autonomia differenziata, FdI: «Le contraddizioni di Michele Emiliano»

Mentre la raccolta firme per il referendum contro la legge sull’autonomia differenziata raggiunge, in pochi giorni, quota 500mila, Fratelli d’Italia ha diffuso un video con cui evidenzia le contraddizioni del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, sul tema.

In una vecchia intervista, come si vede nel video, il governatore pugliese diceva di essere dell’idea che «tutte le regioni a statuto ordinario dovrebbero chiedere l’autonomia differenziata, bisognerebbe fermare questo processo separato di Lombardia, Veneto ed Emilia e decidere tutti insieme che effettivamente lo Stato centrale è inefficiente come tutti gli italiani sanno e che bisogna aumentare i poteri delle Regioni».

Compaiono poi delle dichiarazioni più recenti di Emiliano in cui il presidente della Regione Puglia afferma che «ci auguriamo che questo referendum abbia tanti “sì” perché bisogna votare “sì” per abrogare la legge e che quindi si possa arrivare a trovare un equilibrio migliore…».

La Cgil Puglia esulta: «Mezzo milione di firme in soli 10 giorni»

Esulta, intanto, la Cgil Puglia per il mezzo milione di firme raccolte in soli 10 giorni: «È un dato che si commenta da solo – afferma la segretaria generale pugliese Gigia Bucci -. Il risultato di un lungo lavoro che ha riacceso la fiamma della speranza in tantissimi cittadini, e che ha fatto riscoprire la bellezza e il valore della partecipazione».

Il quesito, con le firme raccolte, andrà ora in Cassazione che dovrà dare il via libera al referendum.

«Il messaggio che questa marea popolare ha già spedito al governo è molto chiaro – sottolinea Bucci -: la Costituzione non si tocca, soprattutto nei suoi valori fondanti, Lavoro, Unità e Uguaglianza».

L’impegno del comitato promotore del referendum, in attesa della pronuncia della Cassazione, sarà ora per «raggiungere il numero maggiore possibile di cittadini e prepararci alla partita più difficile, il raggiungimento del quorum. L’entusiasmo che vedo tutti i giorni nelle piazze, ai banchetti per le strade, tra la gente, è un potentissimo segnale di speranza», conclude.

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