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Ora un patto contro la crisi idrica

Le trombe d’aria e le bombe d’acqua che hanno caratterizzato questo inizio di settimana hanno riacceso i riflettori su un tema di grande attualità come il cambiamento climatico. Dopo settimane di caldo torrido la zona di Putignano e il Salento sono stati interessati da nubifragi di inusitata intensità dopo un lungo periodo di siccità. Gli abitanti di Nardò e Galatone ricordano bene il quarto d’ora di grandine del 29 maggio scorso che ha devastato i raccolti, allagato diverse abitazioni e paralizzato il traffico cittadino.

Le analisi sulla precipitazione totale annua media sul territorio italiano, pubblicate dall’Istat, indicano una progressiva riduzione degli apporti pluviometrici. La riduzione delle precipitazioni, accompagnata dall’aumento delle temperature, porta a una minore disponibilità media annua della risorsa idrica, la cui stima relativa al trentennio 1991-2020 è di 133 miliardi di metri cubi, con una riduzione del 20 per cento rispetto al valore di riferimento del trentennio 1921-1950 (166 miliardi di metri cubi). Nel 2022 la disponibilità idrica nazionale ha raggiunto il minimo storico, quasi il 50 per cento in meno rispetto al trentennio 1991-2020. Di come conservare, utilizzare e condividere una risorsa così preziosa come l’acqua si è parlato durante il meeting di Rimini con esperti come Lorenzo Giussani, direttore Strategy & Growth di A2A, Giuseppe Catalano, capo di gabinetto della Regione Puglia, Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, e Giangiacomo Pierini, direttore Corporate Affairs e Sostenibilità di Coca-Cola HBC Italia.

In Italia quasi il 50% dell’acqua dei nostri acquedotti viene persa. Questo speco rappresenta non solo una perdita economica, ma anche un problema etico e sociale. Infatti le difficoltà di approvvigionamento si registrano, guarda caso, proprio nelle aree più disagiate e spesso contribuiscono ai fenomeni di spopolamento di cui abbiamo spesso parlato.

La gestione delle risorse idriche richiede investimenti infrastrutturali, ma anche una revisione delle abitudini di consumo e una maggiore consapevolezza che l’acqua è una risorsa preziosa che non va sprecata. Il cambiamento climatico sta rendendo le precipitazioni sempre più erratiche, con periodi di siccità alternati a piogge intense, un fenomeno che mette a rischio la disponibilità e la qualità dell’acqua. In nostro clima sta cambiano molto più rapidamente che in passato e non riusciamo ad anticipare tali cambiamenti, aumentando così le disparità regionali e le opportunità di accesso all’acqua.

Serve quindi considerare il ciclo integrato delle risorse idriche, dalla produzione primaria all’uso industriale, seguendo un approccio olistico che garantisca una gestione sostenibile dell’acqua a lungo termine. Giuseppe Catalano, capo di gabinetto della Regione Puglia, ha offerto una prospettiva istituzionale sulla gestione delle risorse idriche pugliesi.

Come è noto la Puglia è priva di fonti proprie ed è fortemente dipendente da risorse idriche esterne. La Regione ha avviato una serie di iniziative per ridurre le perdite, migliorare l’efficienza delle reti e promuovere il riuso delle acque reflue, con l’obiettivo di raggiungere una maggiore autosufficienza. «Stiamo lavorando per consentire a tutti i nostri 185 depuratori di affinare l’acqua e restituirla all’uso soprattutto agricolo», ha spiegato Catalano evidenziando la necessità di un intervento pubblico forte e coordinato per superare le carenze infrastrutturali. Catalano ha inoltre richiamato l’attenzione sull’importanza di una gestione sovraregionale della risorsa idrica, non come un bene esclusivo di una singola regione, ma come un bene comune a livello nazionale. In Veneto, Coca-Cola ha collaborato con il Consorzio di bonifica veronese per la realizzazione di un’area forestale di infiltrazione, che permetterà di ricaricare la falda acquifera con 800mila metri cubi di acqua. Coca-Cola si stia impegnando a ridurre l’impatto ambientale dei propri stabilimenti, puntando a raggiungere un bilancio idrico positivo attraverso iniziative di compensazione e riciclo dell’acqua. Alessio Mammi, assessore all’Agricoltura dell’Emilia-Romagna, ha illustrato le azioni intraprese dalla Regione Emilia-Romagna per migliorare la capacità di stoccaggio dell’acqua e per aumentare l’efficienza delle reti. Ha, inoltre, sottolineato l’importanza della ricerca tecnologica per sviluppare sistemi di irrigazione più efficienti e varietà di colture più resistenti ai cambiamenti climatici.

L’uso efficiente dell’acqua oltre a favorire la sostenibilità ambientale, può anche incrementare la produttività e l’efficienza economica. Serve promuovere il riciclo e il riuso dell’acqua e in investire in infrastrutture che permettano di stoccare la risorsa nei periodi di abbondanza per utilizzarla durante le siccità. Solo integrando gli sforzi e promuovendo una collaborazione tra pubblico e privato, si potranno affrontare le sfide future e garantire una gestione sostenibile e equa delle risorse idriche.

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I misteri del caso Bayesian

Non è una spy-story, è una tragedia. Eppure, mettendo in fila tutti gli accadimenti, ci sono molte cose fuori posto, molte coincidenze, molte negligenze; insomma, c’è troppo di tutto per essere un destino fatale. Andiamo con ordine: Bayesian è una barca a vela di 56 metri dei Cantieri Perini, di 473 tonnellate, con un albero di 75 metri e con una deriva mobile che può arrivare fino a 9,5 metri di profondità.

La proprietaria è la signora Angela Bacares, contitolare insieme al marito di un impero industriale e assicurativo. Il marito, non è un imprenditore qualsiasi, è Marck Linch, soprannominato il “Bill Gates d’Inghilterra”, è la principale mente della cyber-tecnology britannica e, forse, europea. Per festeggiare la sua assoluzione nel processo che lo ha visto imputato per una presunta frode nella vendita della sua società “Autonomy” alla Hewlett-Packard, per la fantasmagorica cifra di 11,7 miliardi di dollari, ha deciso di organizzare un viaggio a bordo di Bayesian, con gli amici che hanno avuto un ruolo nel processo e con alcuni suoi collaboratori. Hanno aderito all’invito: Chris Morvillo, che guidava lo staff di avvocati della difesa al processo e sua moglie; Ayla Ronald, anche lei avvocato che faceva parte del collegio di difesa; il presidente di Morgan Stanley, Jonathan Bloomer, che nel processo è stato il principale testimone della difesa e sua moglie; James Emsilie, stretto collaboratore di Linch, insieme alla moglie e alla figlia Sophie di un anno. E c’è anche Hannah, la figlia diciottenne di Mark Linch.

Avrebbe dovuto esserci anche Stephen Chamberlain, socio e coimputato insieme a Linch nel processo, ma ha preferito rimanere in Inghilterra.

Bayesian parte da Rotterdam intorno alla metà di luglio e fa rotta verso le Isole Eolie. Durante il tragitto, fa scalo in Normandia, in Portogallo a Gibilterra e arriva in Sicilia, nel porto di Milazzo, nella prima settimana di Agosto. Il 18 agosto Stephen Chamberlain, sta facendo jogging nelle tranquille campagne di Cambridge, mentre attraversa una strada, viene investito da un auto e muore. Anche Stephen Chamberlain non è uno qualsiasi; insieme a Mark Linch, nel 2013 fonda “Darktrace”, una società di cyber-sicurezza che utilizza l’intelligenza artificiale per rilevare gli attacchi informatici. In “Darktrace” entrano ex funzionari dei servizi segreti britannici e israeliani fino ad arrivare al coinvolgimento di sir Jonathan Evans, ex direttore generale dei servizi segreti britannici M15, che entra a far parte del comitato consultivo. “Darktrace” nel 2021 viene quotata in borsa e nel 2022 acquisisce per 50 milioni di sterline la società olandese Cybersprint, specializzata nella gestione di “superfici d’attacco”, aumentando capacità e prestigio internazionale.

Pare che, saputo della morte dell’amico Chamberlain, Mark Linch abbia chiesto all’equipaggio di fare rotta su Palermo, forse per un rientro anticipato in Inghilterra. E, arriviamo alla tragedia, in quello che in molti raccontano come fatalità. Sta di fatto che Bayesian – siamo nella serata di Domenica 18 – molla l’ancora nella rada di Porticello, a poche miglia dal porto sicuro di Palermo. Nella stessa rada è all’ancora un’altra imbarcazione che batte bandiera olandese. C’è un’allerta meteo, tant’è che nessun peschereccio lascia il porto di Porticello in quella notte. La tromba marina arriva alle 3.50; chi sa di mare, sa benissimo che i venti di tempesta si annunciano con un certo anticipo, l’acqua comincia a bollire sino ad arrivare al culmine, dove le onde si alzano a dismisura. Mentre la barca olandese appronta le procedure di emergenza e cioè, salpa l’ancora, sigilla l’imbarcazione e accende i motori, Bayesian rimane incomprensibilmente ancorato, con i motori spenti e, assurdo, con persone in cabina. Viene da pensare che nessuna delle procedure di emergenza sia stata messa in atto. Dalle 3.50 alle 4.06, Bayesian spacca l’ancora, scarroccia per 358 metri e affonda.

Dalla ricognizione del relitto emergono altre sinistre verità: la barca non presenta cedimenti strutturali, l’albero è integro e, assurdo ma vero, la deriva mobile che, se calata per la sua intera profondità avrebbe contribuito a contrastare i forti venti, stava calata a soli 3,5 metri di profondità. In questi venti di tempesta, il comandante della barca olandese, mette in acqua un gommone e salva 15 pesone; dieci sono dell’equipaggio.

Sono curioso di sapere cosa hanno fatto nei venti minuti prima e nei sedici della buriana. Nel frattempo, Recaldo Thomas, il cuoco di bordo, insieme a Linch e alla figlia Hannan, a Bloomer e alla moglie, a Morvillo e alla moglie, sono morti. Se questa è una fatalità io sono Napoleone Bonaparte.

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Bari, al Policlinico asportato un tumore al cervello in un bimbo attraverso il naso

Un bimbo di appena 8 anni è stato operato, al Policlinico di Bari, per un raro tumore al cervello, localizzato nell’ipotalamo, l’area che controlla le funzioni vegetative.

Il tumore è stato asportato dall’équipe neurochirurgica del professor Francesco Signorelli per via endoscopica, cioè attraverso la cavità nasale.

Si tratta di un trattamento neurochirurgico possibile in pochissimi centri in Italia.

«Non è un approccio frequente nei bambini mentre negli adulti abbiamo un’importante esperienza e arrivano a Bari casi anche da fuori regione», conferma il professor Signorelli, direttore dell’unità operativa di neurochirurgia. «Il bambino – spiega – ha invece spesso un naso troppo piccolo per poter permettere le manovre chirurgiche. In questo caso con il team multidisciplinare con cui studiamo questo tipo di interventi, con gli otorini del team del il professor Quaranta, gli oncoematologi pediatri del dottor Santoro, la dottoressa Perillo, gli anestesisti del professor Ranieri, le dottoresse Riefolo e Paganetti, e i rianimatori guidati dal professor Grasso, l’abbiamo valutato fattibile e preferibile alla via chirurgica transcranica».

L’intervento è stato quindi eseguito senza nessuna apertura del cranio ma operando con gli strumenti endoscopici pediatrici: con la guida del neuronavigatore, i neurochirurghi hanno raggiunto in maniera mini-invasiva la voluminosa massa ipotalamica, nella zona centrale del cervello.

«L’intervento si è concluso positivamente con una resezione completa, evitando danni ai tessuti circostanti», conclude il professor Signorelli.

Il bimbo è ancora ricoverato ma potrà tornare presto a casa.

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La coesione sociale che non c’è

La desertificazione demografica o denatalità il tema dei temi di questo tempo nella dimensione europea. La denatalità è una questione complessa di questo tempo e dei mutamenti economici e sociali di una società in continuo movimento. Il cambio della radice culturale della “famiglia” cosiddetta tradizionale, un sentimento della maternità molto affievolito, la corsa alla indipendenza economica e alla carriera un “freno” potente e prepotente alle nascite.

Un tema che non si risolve burocraticamente o con leggi di puro incentivo economico che pur sono importanti. La spoliazione dei servizi primari, l’idea del costo/beneficio, la logica perversa dei numeri in questi anni ha contribuito ad allargare la forbice delle nuove nascite dentro i confini nazionali ed europei. La storica distinzione aree interne aree costiere che attraversa l’Europa ed in particolare le aree meridionali.

Sul tema studiosi come Giustino Fortunato, Guido D’Orso solo per citare qualcuno hanno scritto pagine memorabili. Il Pnrr con un investimento a debito di oltre 200 miliardi di euro doveva essere l’occasione per provare ad invertire culturalmente, socialmente , politicamente la tendenza alla desertificazione demografica. I due pilastri del Pnrr, “coesione sociale” e riequilibrio territoriale” sono stati alla prova dei fatti letteralmente offesi e umiliati. Il Pnrr doveva intervenire soprattutto nella aree di maggiore disoccupazione giovanile, desertificazione demografica, assenza di servizi primari e investimenti nel settore della sanità pubblica e scuola pubblica. Il disastro e lo spreco del Pnrr è sotto gli occhi di tutti e sarà lavoro certo per le Procure nei prossimi anni.

Ancora una volta le classi dirigenti locali hanno fallito la loro mission perché non hanno una vision strategica. Le Regioni del Sud impegnate unicamente nella spesa per la spesa senza avere una “visione d’insieme” del nostro Mezzogiorno europeo nel Mediterraneo. Le nuove generazioni meridionali pagano tutto questo e sempre di più sognano il loro futuro altrove. Provo a dare dei numeri per chiarire la drammaticità del fenomeno: per la Regione Campania si prevede che la tendenza alla diminuzione mostrata dalla popolazione nel corso dell’ultimo decennio continuerà nel prossimi mezzo secolo, concentrandosi nelle fasce di età più giovani. Il fenomeno assumerà la massima intensità in Campania e nelle altre regioni del Mezzogiorno dove nasceranno sempre meno figli e continueranno i flussi migratori in uscita. Secondo le previsioni dell’Istat, l’Italia avrà 47.455.455 abitanti nel 2070 (11 milioni in meno rispetto al 2021). Le nascite si ridurranno dalle circa 400mila del 2021 a poco più di 360mila nel 2070. La perdita della popolazione risulterà rilevante nella sua componente più giovane (fino a 14 anni di età), proprio quella che costituisce la fonte generatrice delle future nascite. Il Mezzogiorno tra le fine del 2021 e il 2070 dovrebbe perdere 6.395.035 dei suoi 19.828.112 residenti. Si profila davanti a noi una società gerontocratica, piegata sugli egoismi e per nulla attenta al domani.

Una possibile via d’uscita potrebbe essere una diversa legislazione per le aree interne. Non è possibile avere un sistema di regole uniche per territori molto diversi con problematiche complesse. La sanità pubblica non può rispondere a logiche di numeri. La scuola non può dipendere dal numero degli alunni. Viabilità, rete veloce, ruralità intelligente e turismo devono avere un percorso legislativo diverso dalle grandi aree metropolitane. Il Comune di Rocchetta Sant’Antonio 1700 abitanti ha gli stessi adempimenti burocratici in materia di bilancio del Comune di Roma o di Milano. Tutto questo non è più sostenibile. Fermo restando che il tema vero è sociologico e antropologico: le società ricche e opulente come quelle europee hanno tracciato da tempo il loro triste destino e non si vedono all’orizzonte politica mondiale in grado di indicare una strada e alimentare un sogno.

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La doppia faccia dello sviluppo

Cosa c’è di vero sulla individuazione ed eventuale riapertura dei siti minerari dismessi o abbandonati? È solo retorica e propaganda? Un nuovo modello autarchico nostalgico – di vecchia ispirazione – dovuto a una necessità economica-imprenditoriale per l’Europa? Per fare la transizione energetica e digitale senza dipendere troppo dall’estero (specie dalla Cina), l’Italia deve riaprire le miniere. È questo l’indirizzo che arriva dall’Ue, che ha individuato 34 materie prime critiche per la transizione verde e digitale, e ha previsto che i singoli Stati facciano una ricognizione dei loro giacimenti e avviino le estrazioni possibili.

I siti minerari abbandonati di potenziale interesse sono sparsi lungo tutta la penisola. Secondo un rapporto dell’Ispra, al 2006 le miniere dismesse erano 2.990 in Italia. Ma al 2019, solo 94 hanno una concessione ancora in vigore e 76 sono i siti che risultano in produzione al 2020. 562 siti minerari dismessi o abbandonati presentano un grado di rischio ecologico-sanitario da medio ad alto. Di questi quasi 100 siti minerari, solo alcuni riguardano materie prime critiche.

A fare gola in Puglia sono i giacimenti di bauxite, già inseriti nell’elenco predisposto dal Mimit. Vecchi siti abbandonati da tempo che potrebbero tornare utili, ma con quali costi per l’ambiente e un territorio vocato all’attrazione naturalistica? Insomma, l’autarchia potrebbe fare bene all’economia italiana ma impattare, con danni non calcolabili, su quella pugliese.

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