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Carabiniere aggredito, a Bari l’incontro col prefetto: «Alto senso del dovere in una situazione delicata»

Il prefetto di Bari, Francesco Russo, ha incontrato oggi pomeriggio i tre militari aggrediti a Locorotondo nei giorni scorsi.

Uno dei tre è stato picchiato da una persona, già nota alle forze dell’ordine e – a quanto appreso – abituale consumatore di alcol che è stata successivamente denunciata. Il video dell’aggressione, ripreso da un cellulare, ha fatto in poco tempo il giro del web provocando reazioni indignate da parte di cittadini e istituzioni.

Durante l’incontro a cui hanno partecipato anche il comandante regionale dei carabinieri, generale di divisione Ubaldo Del Monaco, e il comandante provinciale, generale di brigata Francesco De Marchis, il prefetto ha espresso ai militari coinvolti e intervenuti nella circostanza, parole di vivo compiacimento per l’elevata professionalità e competenza nonché per l’altissimo senso del dovere dimostrati nell’affrontare tale delicata situazione.

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Bari News Puglia

Carabiniere aggredito a Locorotondo, il sindacato: «Un codice rosso anche per noi» – L’INTERVISTA

«L’episodio dell’aggressione di Locorotondo fotografa la grande insicurezza in cui è costretto a lavorare il personale militare e delle forze di polizia in generale». Parte da qui l’analisi di Cataldo Demitri, segretario regionale per la Puglia del Nuovo sindacato Carabinieri.

Qual è la situazione per voi militari e poliziotti?

«Il personale delle forze di polizia non è per nulla tutelato. Le regole di base del nostro ingaggio sono antiquate e non adatte a fronteggiare le molteplici situazioni che ci si presentano tutti i giorni nello svolgimento del nostro lavoro. Il caso di Locorotondo è solo l’ultimo di una serie di episodi quotidiani che vedono protagonisti gli operatori delle forze di polizia. Veniamo continuamente insultati e aggrediti, oltre ad agire in contesti pericolosi e violenti».

Quali sono le regole?

«La linea guida principale a cui ci dobbiamo attenere è di evitare in tutti i modi possibili di arrivare al contatto con il soggetto che viene fermato. Ormai gli agenti hanno paura a intervenire per garantire la sicurezza e prevenire e reprimere i reati, anche perché qualsiasi conseguenza è a carico nostro. Sono situazioni che demotivano il personale. Ogni minimo errore può scatenare una denuncia, un processo penale, provvedimenti disciplinari, blocchi di carriera. A cui vanno aggiunte le spese legali e le conseguenze economiche e psicologiche. L’operatore di polizia può essere sospeso e subisce una serie di svantaggi».

Per garantire la sicurezza degli agenti recentemente è stato introdotto l’utilizzo dei taser. Quali sono le linee guida che dovete seguire per utilizzarlo sul campo? Serve davvero a tutelare agenti e militari?

«Il taser è uno strumento valido perché evita il contatto tra operatore di polizia e soggetto fermato, respingendo la violenza. Ma nasce già come estrema ratio per bloccare qualcuno. Il suo utilizzo, infatti, non è così immediato poiché innanzitutto vanno rispettati tre principi: la proporzionalità rispetto al pericolo, la necessità dell’uso e l’adeguatezza. Oltre a questo, l’utilizzo del taser per l’operatore di polizia si divide in cinque passaggi obbligatori: l’individuazione del pericolo, l’annuncio dell’utilizzo, mostrare l’arma al soggetto, fare un avvertimento con puntamento nei confronti del soggetto e infine l’uso vero e proprio con l’esplosione dei due dardi. Tutti questi passaggi vanno espletati nell’arco di pochi minuti e l’operatore di polizia deve decidere velocemente e in situazioni di pericolo (sia per sé che per la persona sulla quale si sta intervenendo) se ricorrere al taser oppure no. Questo strumento va utilizzato con cautela anche per salvaguardare la vita altrui, non possiamo prevedere in anticipo come il soggetto reagirà alla scarica elettrica. Per quanto riguarda l’Arma dei carabinieri, al momento l’abilitazione all’uso del taser è prevista solo per i nuclei radiomobili e non per i militari dei comandi stazione. Anche se l’amministrazione sta progressivamente agendo per estendere anche a loro l’utilizzo. Ma resta la paura da parte degli operatori a utilizzarlo».

Come mai?

«A luglio del 2024 in Alto Adige due militari hanno usato il dispositivo su un soggetto che si era reso estremamente violento e a seguito di questo dopo due ore è morto in ospedale. Certo è un mezzo che lo Stato ci fornisce ma come conseguenza di questo episodio c’è stata una campagna mediatica a suo sfavore, i colleghi sono stati sottoposti a indagine e a provvedimenti disciplinari. Automaticamente ci ritroviamo sempre in svantaggio. Gli operatori di polizia non possono utilizzare i mezzi perché sono più i rischi a cui vanno incontro che i benefici. Le forze di polizia dovrebbero garantire la sicurezza dei cittadini ma allo stato attuale delle cose non riescono nemmeno a proteggere loro stessi».

Quali potrebbero essere allora le soluzioni per tutelare gli operatori della sicurezza?

«Andrebbe proposto un dispositivo simile al Codice rosso che viene applicato in caso di violenza sulle donne, sia fisica che verbale, certo con tutti gli adeguamenti e gli aggiustamenti del caso. Noi operatori di polizia non possiamo toccare nessuno, e va bene, ma allora nemmeno noi dobbiamo essere toccati perché quando siamo in servizio rappresentiamo lo Stato che deve garantire l’incolumità di tutti. Il mio appello come rappresentate sindacale della regione Puglia è quello di attenzionare tutti questi episodi che si verificano, perché tutti i giorni migliaia di carabinieri vengono aggrediti fisicamente. Fa più scalpore un militare che utilizza il taser e provoca un danno, involontario, che un violento che picchia un agente. E aggiungo un ultimo elemento: queste persone sanno che se si macchiano del reato di oltraggio a pubblico ufficiale non sono esposti a chissà quali conseguenze, non sempre vengono arrestati e se lo sono riconquistano la libertà quasi immediatamente. Tra l’altro perché esista la fattispecie del reato devono esserci per forza più persone. Se l’oltraggio avviene magari in una strada buia e senza testimoni, non possiamo rivalerci legalmente».

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Carabiniere aggredito a Locorotondo, Crosetto: «Maltrattato e offeso lo Stato»

«Inaccettabile il senso di impunità che consente a dei delinquenti di picchiare un carabiniere che sta facendo il proprio lavoro, rappresentando lo Stato. Lo stesso senso di impunità che consente loro di filmare e pubblicare la loro sfacciataggine». Lo scrive su X il ministro della Difesa, Guido Crosetto, riferendosi all’aggressione di un carabiniere avvenuta a Locorotondo.

«Non è il singolo ad essere stato maltrattato, non è un esponente delle forze di polizia, è lo Stato stesso ad essere offeso», afferma il ministro aggiungendo che «di fronte ad atti così, occorre rispondere con durezza e fermezza, occorre dare l’esempio in modo tale che non accada più, applicando la legge con durezza», conclude.

La Russa: «La giustizia faccia presto il suo corso»

Solidarietà e vicinanza al carabiniere aggredito a Locorotondo arriva anche dal presidente del Senato Ignazio La Russa che, su Facebook, parla di «donne e uomini in divisa che ogni giorno rischiano la propria vita per garantire la nostra sicurezza».

Le immagini dell’aggressione, conclude La Russa, «sono inequivocabili: la giustizia faccia presto il suo corso rintracciando i responsabili».

Fontana: «Episodio grave»

Vicinanza e solidarietà al carabiniere aggredito a Locorotondo esprime anche il presidente della Camera dei deputati Lorenzo Fontana che augura al militare «pronta guarigione».

L’episodio, afferma, «è grave. La mia solidarietà a tutte le forze dell’ordine che operano in prima linea per la tutela della sicurezza dei cittadini», conclude.

Piantedosi: «Aggressione inaccettabile, non rimanga impunita»

«Ferma condanna per la vile aggressione subita a Locorotondo dai componenti di una pattuglia dei carabinieri, ai quali esprimo tutta la mia vicinanza ed il mio apprezzamento per lo sforzo profuso nell’occasione». Così il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, in un post pubblicato su X.

«La violenza che colpisce servitori dello Stato impegnati a garantire la sicurezza dei cittadini – aggiunge – è assolutamente inaccettabile e non deve rimanere senza conseguenze», conclude il ministro.

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Maltempo in Puglia, temporali e acquazzoni su tutta la regione: allerta arancione – VIDEO

Maltempo in Puglia, temporali e acquazzoni in arrivo: allerta arancione

Continua il maltempo: la Puglia centrale adriatica è in allerta arancione per rischio idrogeologico e idraulico a partire dalle 14 di oggi e per le successive 6 ore di precipitazioni. Secondo le previsioni della Protezione civile regionale, sono attesi temporali intensi con precipitazioni che potrebbero raggiungere livelli moderati in alcune zone.

DALLE ORE 20:00 DEL GIORNO 20/08/2024 E PER LE SUCCESSIVE 24 ORE È PREVISTA
ALLERTA GIALLA PER RISCHIO IDROGEOLOGICO ED IDROGEOLOGICO PER TEMPORALI SU
TUTTA LA PUGLIA.

Dalle 20 e per le successive 24 ore, invece, è prevista allerta gialla per rischio idrogeologico e per temporali su tutta la regione. Si raccomanda alla popolazione di prestare la massima attenzione e di seguire le indicazioni delle autorità locali. In caso di forti piogge, è consigliabile evitare di uscire di casa se non strettamente necessario e di mettersi al riparo in luoghi sicuri.

A Locorotondo, un forte acquazzone e una tempesta di fulmini, hanno creato disagi alla cittadina. Nel video si può ben vedere come l’acqua scenda senza sosta da una scalinata, allagando così la via.

Pioggia forte a sud est tra Capurso e Valenzano, con grossi ristagni d’acqua per strada. Allagato il sottopasso tra Modugno e lo stadio San Nicola.

Forti raffiche di vento e pioggia sulle spiagge viene segnalata anche a Scansano Jonico, Polidoro e Nova Siri.

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Locorotondo, torna a colpire il writer incappucciato: nel mirino il monumento al Re

Ha colpito ancora il writer misterioso che, dopo avere imbrattato le pareti del centro storico di Locorotondo, meta di turisti che arrivano da tutto il mondo per ammirarne gli edifici tipici, le cummerse e, dall’alto, lo spettacolo della valle d’Itria, la notte fra mercoledì e giovedì, ha deciso di rimettersi all’opera. Con una bomboletta spray di colore rosso ha disegnato la A cerchiata, simbolo del movimento anarchico, sul monumento dedicato a Vittorio Emanuele II nella villa comunale.

Le altre scritte

Erano apparse, dopo quelle nel centro storico, poco distante dal centro cittadino, lungo la via per Fasano, su una parete bianca a recinzione di una cava, per disegnare una bandiera della Palestina e scrivere “Locorotondo borgo palestinese”. La mano potrebbe essere la stessa e l’amministrazione comunale potrebbe sporgere denuncia contro ignoti. Sull’accaduto è intervenuto il sindaco, Antonio Bufano. «È comprensibile che, in un mondo sempre più complesso e pieno di contraddizioni, ciascuno di noi possa sentire il bisogno di esprimere il proprio dissenso, le proprie idee o emozioni. Tuttavia – commenta il primo cittadino – dipingere e sporcare i muri del nostro paese non è la soluzione giusta».

Il danno alla comunità

«Questi atti – aggiunge Bufano – non solo danneggiano l’aspetto estetico del nostro ambiente, ma richiedono anche risorse pubbliche per la pulizia e il ripristino, risorse che potrebbero essere impiegate per migliorare i servizi e la qualità della vita di tutti noi». E suggerisce altri modi per dissentire ed esprimere le proprie opinioni, come «partecipare a dibattiti pubblici, utilizzare le piattaforme social in maniera responsabile, organizzare incontri e manifestazioni pacifiche» e «senza danneggiare il nostro patrimonio comune». Il responsabile delle scritte sarebbe stato ripreso da alcune telecamere, riferiscono sempre dall’amministrazione comunale, ma al momento quel writer, è una sagoma che si muove rapida nel buio della notte con un cappuccio sul capo.

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Bimbo scomparso e ritrovato a Locorotondo: si fa strada l’ipotesi del sequestro lampo

Si fa strada l’ipotesi di un sequestro lampo in riferimento alla scomparsa del piccolo Domenico, il bimbo di 2 anni, avvenuta il 30 luglio scorso a Locorotondo. Il bambino, che si sarebbe allontanato mentre giocava nel giardino della sua abitazione, è stato ritrovato dopo circa otto ore di ricerche a qualche chilometro da casa.

Sulla vicenda sarebbero ancora in corso accertamenti da parte dei carabinieri. Il dubbio, che si era fatto largo già nell’immediatezza del ritrovamento, è che difficilmente un bimbo così piccolo può coprire da solo un percorso così lungo da solo e senza che nessuno lo noti.

Dubbio espresso sia dal sindaco, Antonio Bufano, che ha partecipato alle ricerche in prima persona, sia dalla famiglia. L’ipotesi, circolata da giorni e ripresa da alcuni media, è che si possa essere trattato di un sequestro lampo.

Sulla vicenda c’è massimo riserbo da parte della Procura di Bari, mentre, secondo quanto riferisce l’Ansa non ci sarebbe alcuna ipotesi rapimento al vaglio degli inquirenti.

Lo stesso sindaco Bufano aveva dichiarato all’Ansa che «i cani molecolari giravano attorno alla casa del piccolo e questo faceva dedurre che fosse lì vicino e non a tre, quattro chilometri da casa».

Parole che hanno spinto molti a pensare che il bambino fosse stato preso da qualcuno che, a causa del clamore mediatico suscitato dalla vicenda e dalla attività intesa di ricerca, avrebbe desistito nel suo intento lasciandolo accanto all’albero. Una tesi che al momento non trova riscontri ufficiali.

Stando a quanto riferisce il Corriere del Mezzogiorno, i carabinieri hanno ripercorso il tragitto che avrebbe seguito il bambino, lo hanno fatto nelle stesse condizioni in cui è avvenuta la scomparsa: intorno a mezzogiorno seguendo un terreno accidentato e con vegetazione fitta che renderebbero difficile credere che un bimbo così piccolo possa averlo percorso da solo.

Sempre il quotidiano riferisce che il punto esatto in cui è stato rinvenuto, nascosto sotto un albero di fico, sarebbe stato perlustrato da forze dell’ordine e volontari qualche ora prima del ritrovamento.

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