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Maia Rigenera, il Comune di Lucera verso l’ok per l’impianto. I comitati ai cittadini: «Ribellatevi»

Dopo anni di polemiche, stop, minacce occupazionali, studi istituzionali, report professionali e prescrizioni di Arpa, Ager con tanto di pause e chiusura estiva, voluta dall’allora sindaco Antonio Tutolo, per via delle nauseabonde emissioni odorigene che derivavano da Contrada Ripatetta, il Comune di Lucera parrebbe orientato ad approvare l’impianto anaerobico di compost di Maia Rigenera, ex Bioecoagrim.

Le proteste

Il Comitato Lucera Non Tace ODV col suo referente Francesco D’Angelo però non ci sta. «Il Comune sembra proseguire nel solco delle tante “distrazioni ambientali” delle passate amministrazioni e orientato a dare il suo parere positivo all’approvazione del progetto senza un dibattito approfondito nel Consiglio comunale. Né poteva esserci, visto che i consiglieri sanno poco o nulla del progetto, del suo impatto sull’ambiente e sulla salute pubblica. E non risulta che stiano valutando attentamente la pubblica utilità del progetto. Finora si sono limitati ad ascoltare supinamente la decantazione della bontà del progetto da parte del diretto interessato (Maia Rigenera), rassegnati o velatamente favorevoli all’approvazione del progetto. In questo contesto “distratto” è apprezzabile lo sforzo del presidente della Commissione Speciale Ambiente e Salute Pubblica che ha invitato un organismo scientifico terzo accreditato quale l’Isde a fornire, nel merito, un’informazione più obiettiva e meno di parte».

La mobilitazione

Secondo il comitato i giochi sembrano fatti, a loro avviso la cittadinanza «è assopita nella sua indolenza». «Ogni volta che si ripresenta “la puzza”, grossolane eruzioni verbali di leoni della tastiera in pantofole si sprecano nella vetrina accattivante dei social dove questi effimeri fuochi di paglia si consumano nella durata di qualche click, lasciandosi dietro solo “la puzza”, il vuoto di iniziative e l’autocompiacimento».

Il comitato invita i lucerine e le lucerine a scuotersi e a mobilitarsi «facendo sentire forte il loro afflato collettivo ai politici locali contro la realizzazione dell’impianto Maia Rigenera nell’agro lucerino». «Va rotto il silenzio della comunità che altrimenti renderà tutti colpevoli di aver lasciato svendere la tutela dell’ambiente dell’ambiente, del proprio territorio, la salvaguardia della salute pubblica e il futuro delle prossime generazioni per meno di trenta denari», è la chiosa.

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Attualità Foggia News

A Lucera si respira aria di Medioevo con il Torneo delle chiavi: vittoria per Porta Foggia

È stata Porta Foggia ad aggiudicarsi per il secondo anno consecutivo il Torneo delle Chiavi, arrivando a collezionare ben otto vittorie e avvicinandosi così al record detenuto da Porta San Severo (vincitrice di nove edizioni). Al secondo posto Porta Albana, al terzo Porta San Giacomo, al quarto Porta Troia e al quinto Porta San Severo.

La kermesse

La 41esima edizione del Torneo delle Chiavi – organizzata dall’Aps Cinque Porte Storiche Città di Lucera in collaborazione con il Comune di Lucera, con il patrocinio del Ministero della Cultura e della Regione Puglia, con il contributo di Fondazione Puglia e Fondazione dei Monti Uniti di Foggia – è andata in scena nella magica cornice dell’Anfiteatro Augusteo di Lucera, facendo registrare il sold out. Prima del torneo, gli atleti delle cinque porte si sono incontrati in Piazza Duomo alle 18 dove hanno ricevuto la benedizione del vescovo, monsignor Giuseppe Giuliano, che ha augurato alla città di essere sempre più aperta, ospitale e accogliente.

A seguire gli atleti hanno sfilato in corteo per le strade della città fino ad arrivare all’Anfiteatro dove hanno gareggiato sfidandosi nei giochi medioevali – il tiro alla fune, l’albero della cuccagna, il tiro con l’arco, la corsa coi sacchi e il lancio del tronco – sotto l’occhio attento dei giudici di gara Lucio Barbaro, Sergio Granieri e Giuseppe Licciardi. La serata è stata molto coinvolgente, grazie anche al contributo dell’esperto e sempre più coinvolgente presentatore Vito De Girolamo, e allo spirito competitivo che spinge le cinque porte a conquistare l’ambito palio della città.

Lo spettacolo

Novità di questa edizione è stato lo spettacolo sul bene e il male, messo in scena da figuranti appartenenti a tutte e cinque le porte, a dimostrazione che il lavoro dei giochi medioevali diventa sempre più corale. «La nostra forza sta nel lavoro corale, siamo riusciti a mettere su una squadra di cittadini attivi che mirano a valorizzare la città di Lucera. Insieme vogliamo continuare a scrivere pagine belle della storia della nostra città e a valorizzarne il patrimonio», ha sottolineato il presidente dell’Aps Cinque Porte Storiche Gianni Finizio che ha aggiunto: «Nel corso del torneo delle Chiavi si vive la competizione, ma durante il resto dell’anno si lavora tutti insieme, dimenticando quasi la propria appartenenza».

Sono tante, infatti, le attività che l’Aps Cinque Porte Storiche Città di Lucera ha messo in campo, tra cui i laboratori e gli incontri didattici con le scuole che hanno l’obiettivo di avvicinare le nuove generazioni alla tradizione, al folclore e alla storia della città. Gli “Eventi Medioevali” si sono conclusi ieri con il corteo storico, che ha visto 500 figuranti – tra dame, cavalieri, musici e sbandieratori – partire dalla Fortezza Svevo-Angioina e sfilare lungo le strade della città per giungere in piazza Duomo, dove c’è stata la cerimonia di affidamento della città a Santa Maria.
Sempre in Piazza Duomo il videomapping per raccontare la storia di Lucera, il suo legame con religione, cultura e integrazione, ma anche un nuovo modo di immaginare il futuro della città.

I prossimi eventi

Fino al 31 agosto, nei locali comunali siti in via Zuppetta 5 (ex Gal Meridaunia), sarà possibile visitare la mostra legata alla pubblicazione del volume “Le Chiavi in Palio. Il corteo storico e il torneo delle chiavi della Città di Lucera” curato da Massimiliano Monaco ed edito da Claudio Grenzi.

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Foggia News Salute Sviluppo e Lavoro

Medici in fuga e ufficio senza personale all’ospedale di Lucera: protestano i sindacati

«I cittadini che provengono da Lucera e dai paesi limitrofi, da circa un mese a questa parte trovano la porta dell’ufficio chiusa e da informazioni assunte al momento apprendono che il personale preposto non è presente». La porta in questione è quella dell’ufficio esenzione ticket del poliambulatorio Lastaria di Lucera.

La denuncia

E a renderlo noto, con una segnalazione ufficiale, sono il segretario regionale del sindacato Confederazione autonoma europea dei lavoratori (Confael), Domenico Brienza, insieme al componente Rsu dell’Asl Foggia, Silvano Randi. «Un vero e proprio disservizio – come lo definiscono nella nota – per un supporto allo sportello notoriamente utile e in grado di venire incontro a istanze fondamentali per i pazienti, come il rilascio dell’esenzione stessa oppure la scelta o la revoca del medico curante».

Continuano ancora i due sindacalisti «A volte sulla porta d’ ingresso c’è anche un cartello affisso, privo di firma del dirigente, che avvisa della chiusura degli uffici dovuta alla non presenza del personale dipendente. Tale disservizio crea di volta in volta enorme disagio ai cittadini, in quanto si vedono costretti a tornare indietro senza nulla di fatto, dopo aver perso tempo e denari».

I precedenti

Ancora problemi, dunque, per il poliambulatorio della città federiciana che, già nel gennaio scorso, aveva attirato l’attenzione dell’opinione pubblica, quando fu lo stesso sindaco di Lucera, Giuseppe Pitta, a lamentare «la fuga dei medici»: una perdita di personale specializzato considerata preoccupante, per un centro medico di fatto collegato con molti comuni dei Monti Dauni. In quell’occasione, inoltre, si unirono alla protesta anche diversi sindaci del subappennino, a seguito delle non poche dimissioni inoltrate dal personale ospedaliero. La segnalazione dei sindacati, va aggiunto, arriva a pochi giorni dall’incontro programmatico avuto in Regione tra il presidente Michele Emiliano e la coordinatrice del Nucleo ispettivo regionale in sanità (Nirs), Antonella Bellomo, per fare il punto sulla situazione delle segnalazioni e sulle criticità emerse in occasione della pianificazione del Piano Annuale dell’attività ispettiva – incontro al quale hanno preso parte anche le direzioni amministrative delle Asl, delle aziende ospedaliere e degli Irccs pubblici. «All’amministrazione della Sanità Service della Asl Foggia – si legge in conclusione della nota – si chiede d’intervenire per evitare che tale disservizio possa continuare, ma soprattutto di evitare che possa verificarsi ancora nel futuro».

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Cultura e Spettacoli Foggia

“È stato un tempo il mondo”, parla Franco Arminio: «Scrivere è come tornare a casa» – L’INTERVISTA

Franco Arminio è un poeta che divide. Lo ami o lo odi. Anzi no, “odio” è una parola impropria. Lo ami o non lo leggi. Chi ha il palato fine, e un po’ di puzza sotto il naso, lo guarda con diffidenza, definendolo “pop”, rimproverandogli una certa furbizia: l’aver fatto della poesia un business. Come fosse una colpa poi. Lo scorso 7 agosto Arminio è stato ospite della rassegna “PrimaVera al Garibaldi”, a Lucera, con lo spettacolo “È stato un tempo il mondo”. L’ho raggiunto al telefono qualche ora prima dell’evento e abbiamo parlato un po’, toccando vari temi.

Bisaccia, provincia di Avellino, paese dove è nato e che non ha mai lasciato. Qual è il legame con la sua terra?

«Recentemente ho scritto un aforisma rimasto inedito: “Questo è il mio paese, questo è il mio paesaggio, questa non è la mia gente”. Sento una adesione all’altopiano, alle nuvole, alle piante, al grano. Le persone invece sono cambiate, il paesaggio umano della mia infanzia non è lo stesso di oggi. Lì c’è l’incrinatura. Trovo casa dove c’è dialogo, incontro. La visione identitaria per me si rifà alla gente».

Ha mai pensato di lasciarlo il paese?

«No, non ricordo di aver mai organizzato la fuga (sorride ndr)».

È stato un limite, in quello che è il suo lavoro, la scelta di rimanere in provincia rispetto al salto nella grande città?

«Non credo. Per quella che è la mia poetica possiamo vederlo come un elemento di coerenza. Non ho mai sentito di perdere qualcosa rimanendo qui. Ho sempre vissuto la grande città come un “luogo per andare a fare cose”. Non ho simpatia per il mondo urbano: un aggregato di macchine e palazzi che ha un prestigio superiore ai propri meriti (ride ndr)».

Come è arrivata la poesia nella sua vita?

«Scrivo poesia da quando ho 16 anni. Una risposta spontanea alle inquietudini adolescenziali. Oggi è un mestiere, ci vivo. Ma non è una cosa che ho mai rincorso. Che fare quando nasci in un piccolo paese, se non scrivere, esprimerti; farti conoscere attraverso le parole. Forse ho avuto il merito di continuare, mentre tanti altri si sono fermati».

“Per Franco Arminio la poesia è soprattutto pregare…”

«È qualcosa che è venuto fuori negli ultimi anni. Un collegamento laico tra scrittura e preghiera. Non fraintendermi, non c’è niente di “confessionale” in questo…»

Lei è religioso?

«Non lo so (sorride ndr). Mi interessa pensare a Dio, al trascendente. Ma non vado in chiesa, se mi stai chiedendo questo».

La poesia è un’operazione intima. Come riesce a coniugarla con un reading pubblico?

«“Poesia” è una parola solitaria, che deve però rivolgersi a tutti. Serve scrivere in solitudine. Ma dopo l’esilio c’è voglia di tornare a casa. Questo è la scrittura, tornare a casa, e trovare tanta gente ad accoglierti».

Scrivere è tornare a casa insomma…

«Esattamente»

Gli autori che ammirava da ragazzino?

«Sicuramente Giorgio Caproni, un maestro. Ma potrei nominarti tanti classici, Leopardi, Dante. Mi accompagnano ancora».

Contemporanei?

«Ne leggo tanti. Leggo quasi solo poesia, sono un poeta che legge».

Alfonso Guida?

«L’ho letto certo».

Ci si riconosce nella voglia di raccontare le radici?

«Facciamo percorsi diversi, abbiamo modi diversi di intendere la parola. Le vie della poesia poi sono infinite, è un errore pensare ud un angolo stretto. È molto più ampio di quanto si possa credere, composto dalle voci più disparate. Ovvio che ognuno si riconoscerà in quelle che sente più vicine».

Ha mai usato la poesia per far innamorare una donna?

«È successo tante volte, mi sembra inevitabile».

La poesia come arma di seduzione, quindi?

«Si certo».

Scrivere nasce da una ferita?

«Nasce dal tentativo di riparare una ferita, che si riapre continuamente».

Una ferita figlia dell’inquietudine?

«Siamo umani. Ognuno vive le proprie inquietudini…».

Quindi lei si sente inquieto? Mi sembra invece tanto sereno dalla voce…

«Sono vecchio (ride ndr). Mi fa piacere che noti una tranquillità nella mia voce, ma mi ritengo un inquieto di nell’indole».

Lei è rinomato per il legame tra i suoi versi e la terra. Ma l’amore come lo vive?

«L’amore si esprime in tante forme e aspetti: nel mio caso l’amore per il paesaggio, per gli animali. Ho una famiglia, vivo con loro e li amo. Ma anche della poesia sono innamorato, mi aiuta, mi sta vicina, soprattutto quando sto male».

Perchè quando si pronuncia il nome di Franco Arminio si tende a definirlo un poeta “pop”?

«Perchè i miei versi arrivano a tante persone. Capisco che chi usa questa definizione lo faccia in senso denigratorio, ma è sbagliato questo approccio. Poeta pop va bene, anche “non poeta” va bene. Ma se con la mia scrittura emoziono qualcuno se, come è capitato in passato, mi fermano dopo un reading per dirmi “la tua poesia mi ha cambiato la vita”, non conta la definizione che mi si vuole affibbiare. Questo lavoro di sminuimento non mi fa nessun effetto».

Le è capitato tante volte di sentirsi dire che i suoi versi hanno cambiato la vita di qualcuno?

«Tante. Anche se a volte tendiamo a dare più importanza ai commenti negativi. Invece avrei dovuto fare più attenzione a questi incontri, ricordarmi i nomi, le facce di queste persone. Se c’è qualcosa che mi rimprovero è di non essere stato abbastanza attento».

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Cultura e Spettacoli Foggia

Lucera, Franco Arminio e Ginevra Di Marco insieme sul palco tra note e parole

Dopo la magia calviniana degli “Amori difficili” portata in scena da Isabella Ragonese e Rodrigo D’Erasmo, l’ottava stagione della rassegna curata da Fabrizio Gifuni e Natalia Di Iorio “PrimaVera al Garibaldi” promuove oggi, alle 21.30, in prima regionale pugliese, all’Anfiteatro Augusteo di Lucera, lo spettacolo-concerto “È stato un tempo il mondo”, con la poesia intensa di Franco Arminio e la canzone popolare di Ginevra Di Marco. La sua voce inconfondibile, una delle interpreti più raffinate della musica italiana, si unisce a quella di Franco Arminio, lo scrittore dei paesi, il cantore dei borghi sul limite della sparizione, che è stato definito da Roberto Saviano «uno dei poeti più importanti di questo paese, il migliore che abbia mai raccontato il terremoto e ciò che ha generato».

Dietro lo spettacolo

Il titolo dello spettacolo è̀ stato un tempo il mondo è ispirato a un verso di una canzone dei “CSI” – storica formazione guidata da Giovanni Lindo Ferretti – di cui hanno fatto parte sia Ginevra Di Marco che Francesco Magnelli, ideatore della messa in scena, presente sul palco insieme ad Andrea Salvadori ad eseguire le musiche dal vivo. Il frutto della composita formazione, che unisce il mondo poetico con quello delle note, è uno spettacolo-concerto in cui l’incontro e lo sguardo etico di questi artisti genera un viaggio introspettivo per ricordarci cosa è stato il mondo e cosa sta diventando, attraverso canzoni e poesia popolare, momenti intimisti e di festa. Bellezza e ferite, passato e presente, incanto e disincanto, risuoneranno in un luogo unico e carico di storia come l’Anfiteatro augusteo di Lucera.

La protagonista

«Siamo vicini nello sguardo sulla vita, l’essere sensibili al silenzio, ai margini, al non clamore, alla bellezza dei paesi abbandonati, al sacro che ci sta intorno e che la nostra vita frenetica non contempla più, visioni che invece sentiamo essere motivo e scopo, tra gli altri, della nostra musica» dichiara Ginevra Di Marco sotto lo spettacolo prodotto da IMARTS. Fiorentina, cantante elegante, nel suo percorso si confronta con diversi artisti italiani e internazionali in un scambio musicale e umano. Appare nel 1993 quando partecipa come ospite in Ko de mondo, primo disco dei CSI. Le sue qualità vocali la fanno subito notare, e già dal seguente album “In quiete”, registrato dal vivo, la si può considerare prima voce al fianco di Giovanni Lindo Ferretti, cantante del gruppo. Nella sua produzione da ricordare il disco “Quello che conta”: le più belle canzoni di Tenco, reinterpretate e vestite con un nuovo abito musicale. Un delicato equilibrio che non tradisce lo spirito originale, permettendo sempre alla loro essenza più profonda di affiorare.

Il protagonista

Franco Arminio ha vinto due volte il Premio Stephen Dedalus. Con la sua ultima opera letteraria, edita da Bompiani, “Canti della gratitudine”, Arminio consegna il frutto di anni di ascolto di se stesso e del mondo, la summa di ciò che ha imparato nel suo cammino attraverso città e paesi: la parola poetica dispiega la sua forza trasformativa, da esperienza intima si fa comunitaria e ci chiede di essere pronunciata come sfida all’indifferenza, come forma di resistenza, come il più salvifico dei contagi.

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