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Bari Cultura e Spettacoli

“Riscoprendo… Sergio Endrigo” con il cantautore barese Dario Skèpisi al Castello di Ceglie del Campo

Domani Bari Urban Lab animerà la periferia di Ceglie del Campo con l’omaggio di Dario Skèpisi a Sergio Endrigo. Appuntamento alle 19, al Castello di Ceglie del Campo, con il Workshop – “Riscoprendo… Sergio Endrigo”. Skèpisi approfondirà i lati intimi e raffinati del suo stile musicale, la vena poetica e colta dei suoi testi, la carriera costellata di successi e l’amore sconfinato per la musica.

Il live

Alle 21 seguirà il live in Piazza Santa Maria del Campo, sempre a Ceglie del Campo, e sempre con Skèpisi, in “Caro Endrigo”. Dario Skèpisi, è un cantautore poliedrico pugliese noto per la fusione del dialetto barese con le armonie e contaminazioni musicali come quelle brasiliane. Nel 2021 ha pubblicato l’album “Paradossalmente”. Il cantautore ha ricevuto numerosi premi, inclusi riconoscimenti internazionali come il contest “A song for Peace in the World” nel 2000.

Il progetto

“Caro Endrigo” nasce dalla comune passione con Endrigo per il Brasile e dall’ ammirazione per la sua poetica. Preziosa è stata la collaborazione con Claudia Endrigo – figlia di Sergio – con la quale è nata una bellissima collaborazione e amicizia. Un omaggio attraverso la rivisitazione di alcuni dei suoi grandi successi come: “Madame guitar”, “Te lo leggo negli occhi”, “La rosa bianca” “Dal destino Infortunato”, “Nelle mie notti”, “Io che amo solo te”, “Il soldato Napoleone”, “L’Arca di Noè“, “Canzone per te“, “Via Broletto 34 e “Altre emozioni”. Il live ripercorre la carriera di Endrigo sottolineando le sue importanti collaborazioni con illustri poeti, intellettuali e grandi artisti.

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Brindisi Cultura e Spettacoli

Giuseppina Torre in Puglia per Bari in Jazz: «Il pianoforte? Mi ha salvato la vita» – L’INTERVISTA

Giuseppina Torre è una donna piena di vita. La raggiungo al telefono, l’accento dice subito Sicilia orientale, la conversazione è così informale che il “Tu” arriva spontaneo dopo la prima domanda. Pianista eccezionale, da Ragusa, in Sicilia, a Los Angeles, dove nel 2013 è stata premiata con due statuette ai Music Awards. Ha suonato per Papa Francesco, le è stata conferita l’onorificenza di “Cavaliere dell’Ordine al Merito” della Repubblica Italiana. Un percorso niente male, verrebbe da dire. Sabato la pianista si esibirà presso il Minareto di Fasano – Brindisi, alle 21, all’interno della rassegna Bari in Jazz 2024.

Qual è il primo ricordo che associ al pianoforte?

«Un pianoforte giocattolo, che mi fu regalato all’età di 4 anni da mio zio. È stato un colpo di fulmine: quel gioco è diventato il mio amico per la vita, la mia passione. Dico sempre di essere sposata con il mio strumento, lui c’è sempre stato per me. Riproducevo le canzoni che ascoltavo alla radio, inventavo le prime melodie. Volevo già andare a lezione, ma i miei genitori pensarono fosse solo un fuoco di paglia. Negli anni ci trasferimmo in un condominio dove abitava un maestro di musica, iniziai a tartassare i miei, fino a convincerli. L’inizio me lo sono sudato (ride ndr)».

Con te la parola “pianoforte” è seguita inevitabilmente dalle scarpette rosse. Raccontami.

«È un anno e mezzo che poggio le mie scarpe rosse sul pianoforte. Simbolo di passo, di movimento: il primo passo per il cambiamento. L’icona internazionale della lotta contro la violenza sulle donne. Le uso per scuotere gli animi. In alcuni posti nel mondo, come in Corea del Sud, non ne conoscevano il significato. Sono fiera di avere piantato un semino, aver diffuso questo simbolo nel mondo. Che da quel seme ne cresca un forte albero, la mia speranza».

È un tema, quello della violenza, che ti riguarda da vicino?

«Parte tutto da una storia vissuta in prima persona. Conosco bene tutte le dinamiche e le problematiche dell’argomento. So quanto per una donna sia difficile denunciare. Al di là della violenza fisica, c’è quella psicologica, quella invisibile. C’è poi una terza forma: quella economica. Tante donne, economicamente dipendenti dall’uomo, non denunciano, rimanendo in trappola».

Qual è l’esperienza che hai vissuto?

«Sono stata vittima di violenza tra le quattro mura domestiche. E quello che dico alle donne è: denunciate. Anche se la giustizia in Italia ha tempi piuttosto lenti, bisogna aver fiducia nelle autorità».

Ti sei sentita tutelata dalle autorità quando hai trovato il coraggio di denunciare?

«All’inizio no. C’è un periodo critico, debole: quello che va dalla denuncia all’inizio del processo. Sei un bersaglio mobile.
Nonostante l’istituzione del “codice rosso”, per tutelare le donne che denunciano, poi abbiamo tristemente assistito a tante di loro che sono state uccise ugualmente. C’è ancora qualcosa da migliorare nelle leggi, le donne hanno bisogno di maggior tutela».

Quanto è stata importante la musica in questa fase della tua vita?

«Fondamentale. È stata la mia isola felice sulla quale rifugiarmi, dove attenuare il dolore. Mi ha aiutato a ricostruirmi, come donna e come artista».

Che esperienza è stata suonare per il Papa?

«Meravigliosa. Papa Francesco parla un linguaggio semplice. Suonare la mia musica – che punta diritta al cuore – per lui, in Vaticano, è stato un onore immenso. La figura del Papa ritorna di continuo la mia carriera. Ho avuto infatti l’onore di comporre le musiche di un docufilm tratto dal suo libro. Questa opportunità è arrivata in un momento molto delicato, quando avevo deciso di abbandonare la musica. Leggere il libro del Papa mi ha fatto tornare sui miei passi».

Lei è stata nominata “Cavaliere della Repubblica” da Mattarella…

«Un orgoglio. Ricevere questo riconoscimento, per meriti sia artistici che sociali, mi da la consapevolezza che sono sulla strada giusta. Da artista ti metti sempre in discussione, ma questa consacrazione mi ha dato la forza e il coraggio per vivere di musica, e per la musica».

Il prossimo progetto?

«Mi sto lanciando in una nuova avventura, c’è un’idea che sto sviluppando. Non posso anticiparti nulla, ma ti dico che sarà un progetto che mi racconterà, mi metterà, ancora, a nudo».

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Cultura e Spettacoli Lecce

Notte della Taranta, sul palco di Melpignano anche Gaia: interpreterà MenaMenaMò

Dopo Angelina Mango, un’altra artista amatissima dai più giovani calcherà il palco del concertone della Notte della Taranta, in programma il 24 agosto a Melpignano.

Protagonista dell’estate con la hit “Sesso e samba” con Tony Effe, sarà Gaia – cantautrice milanese vincitrice dell’edizione 2020 di Amici – a interpretare il brano della tradizione popolare MenaMenaMò ballando la pizzica nei quadri creati dal coreografo Laccio.
A dirigere Gaia sarà il maestro concertatore Shablo.

Inserita dalla rivista Forbes Italia tra i cinque under 30 italiani che avranno maggiore impatto nel futuro per categoria musica, Gaia regalerà al pubblico della Taranta anche la sua celebre canzone in portoghese “Chega“, arrangiata dal maestro Shablo mescolando la pizzica alle sonorità pop.

La linea creativa del concerto si svilupperà intorno al tema della 27esima edizione: generazione Taranta. Una sequenza di ipnotiche pizziche contaminate dai suoni contemporanei, la bellezza dei canti di tradizione in dialetto salentino, grico e arbereshe, i colori e le atmosfere frizzanti delle coreografie firmate da Laccio, faranno ballare la piazza.

Il Concertone sarà trasmesso in diretta su Raitre e Rai Radio 2 a partire dalle 21:20. Conduce Ema Stokholma.

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Cultura e Spettacoli Foggia

“È stato un tempo il mondo”, parla Franco Arminio: «Scrivere è come tornare a casa» – L’INTERVISTA

Franco Arminio è un poeta che divide. Lo ami o lo odi. Anzi no, “odio” è una parola impropria. Lo ami o non lo leggi. Chi ha il palato fine, e un po’ di puzza sotto il naso, lo guarda con diffidenza, definendolo “pop”, rimproverandogli una certa furbizia: l’aver fatto della poesia un business. Come fosse una colpa poi. Lo scorso 7 agosto Arminio è stato ospite della rassegna “PrimaVera al Garibaldi”, a Lucera, con lo spettacolo “È stato un tempo il mondo”. L’ho raggiunto al telefono qualche ora prima dell’evento e abbiamo parlato un po’, toccando vari temi.

Bisaccia, provincia di Avellino, paese dove è nato e che non ha mai lasciato. Qual è il legame con la sua terra?

«Recentemente ho scritto un aforisma rimasto inedito: “Questo è il mio paese, questo è il mio paesaggio, questa non è la mia gente”. Sento una adesione all’altopiano, alle nuvole, alle piante, al grano. Le persone invece sono cambiate, il paesaggio umano della mia infanzia non è lo stesso di oggi. Lì c’è l’incrinatura. Trovo casa dove c’è dialogo, incontro. La visione identitaria per me si rifà alla gente».

Ha mai pensato di lasciarlo il paese?

«No, non ricordo di aver mai organizzato la fuga (sorride ndr)».

È stato un limite, in quello che è il suo lavoro, la scelta di rimanere in provincia rispetto al salto nella grande città?

«Non credo. Per quella che è la mia poetica possiamo vederlo come un elemento di coerenza. Non ho mai sentito di perdere qualcosa rimanendo qui. Ho sempre vissuto la grande città come un “luogo per andare a fare cose”. Non ho simpatia per il mondo urbano: un aggregato di macchine e palazzi che ha un prestigio superiore ai propri meriti (ride ndr)».

Come è arrivata la poesia nella sua vita?

«Scrivo poesia da quando ho 16 anni. Una risposta spontanea alle inquietudini adolescenziali. Oggi è un mestiere, ci vivo. Ma non è una cosa che ho mai rincorso. Che fare quando nasci in un piccolo paese, se non scrivere, esprimerti; farti conoscere attraverso le parole. Forse ho avuto il merito di continuare, mentre tanti altri si sono fermati».

“Per Franco Arminio la poesia è soprattutto pregare…”

«È qualcosa che è venuto fuori negli ultimi anni. Un collegamento laico tra scrittura e preghiera. Non fraintendermi, non c’è niente di “confessionale” in questo…»

Lei è religioso?

«Non lo so (sorride ndr). Mi interessa pensare a Dio, al trascendente. Ma non vado in chiesa, se mi stai chiedendo questo».

La poesia è un’operazione intima. Come riesce a coniugarla con un reading pubblico?

«“Poesia” è una parola solitaria, che deve però rivolgersi a tutti. Serve scrivere in solitudine. Ma dopo l’esilio c’è voglia di tornare a casa. Questo è la scrittura, tornare a casa, e trovare tanta gente ad accoglierti».

Scrivere è tornare a casa insomma…

«Esattamente»

Gli autori che ammirava da ragazzino?

«Sicuramente Giorgio Caproni, un maestro. Ma potrei nominarti tanti classici, Leopardi, Dante. Mi accompagnano ancora».

Contemporanei?

«Ne leggo tanti. Leggo quasi solo poesia, sono un poeta che legge».

Alfonso Guida?

«L’ho letto certo».

Ci si riconosce nella voglia di raccontare le radici?

«Facciamo percorsi diversi, abbiamo modi diversi di intendere la parola. Le vie della poesia poi sono infinite, è un errore pensare ud un angolo stretto. È molto più ampio di quanto si possa credere, composto dalle voci più disparate. Ovvio che ognuno si riconoscerà in quelle che sente più vicine».

Ha mai usato la poesia per far innamorare una donna?

«È successo tante volte, mi sembra inevitabile».

La poesia come arma di seduzione, quindi?

«Si certo».

Scrivere nasce da una ferita?

«Nasce dal tentativo di riparare una ferita, che si riapre continuamente».

Una ferita figlia dell’inquietudine?

«Siamo umani. Ognuno vive le proprie inquietudini…».

Quindi lei si sente inquieto? Mi sembra invece tanto sereno dalla voce…

«Sono vecchio (ride ndr). Mi fa piacere che noti una tranquillità nella mia voce, ma mi ritengo un inquieto di nell’indole».

Lei è rinomato per il legame tra i suoi versi e la terra. Ma l’amore come lo vive?

«L’amore si esprime in tante forme e aspetti: nel mio caso l’amore per il paesaggio, per gli animali. Ho una famiglia, vivo con loro e li amo. Ma anche della poesia sono innamorato, mi aiuta, mi sta vicina, soprattutto quando sto male».

Perchè quando si pronuncia il nome di Franco Arminio si tende a definirlo un poeta “pop”?

«Perchè i miei versi arrivano a tante persone. Capisco che chi usa questa definizione lo faccia in senso denigratorio, ma è sbagliato questo approccio. Poeta pop va bene, anche “non poeta” va bene. Ma se con la mia scrittura emoziono qualcuno se, come è capitato in passato, mi fermano dopo un reading per dirmi “la tua poesia mi ha cambiato la vita”, non conta la definizione che mi si vuole affibbiare. Questo lavoro di sminuimento non mi fa nessun effetto».

Le è capitato tante volte di sentirsi dire che i suoi versi hanno cambiato la vita di qualcuno?

«Tante. Anche se a volte tendiamo a dare più importanza ai commenti negativi. Invece avrei dovuto fare più attenzione a questi incontri, ricordarmi i nomi, le facce di queste persone. Se c’è qualcosa che mi rimprovero è di non essere stato abbastanza attento».

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Brindisi Cultura e Spettacoli

Sorpresa al concerto di Umberto Tozzi a San Pancrazio Salentino: sul palco spunta Al Bano

Sorpresa al concerto di Umberto Tozzi, ieri sera, al Forum Eventi di San Pancrazio Salentino. Sul palco è spuntato Al Bano e i due hanno duettato sulle note di “Nel sole“, brano dell’artista di Cellino San Marco.

Il live “L’ultima notte rosa” di Umberto Tozzi, che si è svolto ieri nell’ambito della rassegna Stupor Mundi, è stato un viaggio musicale tra i suoi più grandi successi, tra cui due inediti (uno dei quali, “Vento d’aprile”, dedicato a una bambina «ora in paradiso»).

Quella di San Pancrazio Salentino è stata l’unica data pugliese del tour realizzato dalla New Music Promotion prima dell’annunciato ritiro dalle scene pubbliche.

In questa sequenza di spettacoli (30 in Italia e altrettanti all’estero), che toccherà tre continenti tra il 2024 e il 2025, l’artista torinese è accompagnato da un’orchestra di 21 elementi, l’Ensemble Symphony Orchestra.

Umberto Tozzi ha proposto le hit più significative della sua carriera, iniziando il concerto proprio con “Notte rosa“. Poi “Ti Amo“, indimenticabile brano del 1977 che ha attraversato ogni confine con le sue numerose reinterpretazioni. E ancora: “Si può dare di più” (con cui ha vinto Sanremo nel 1987 insieme a Gianni Morandi ed Enrico Ruggeri), “Tu“, “Gli altri siamo noi“, “Gente di mare” (brano portato al successo con Raf, che nel 1988 ha raggiunto il terzo posto all’Eurovision Song Contest), “Dimmi di no“, “Stella Stai“, “Lei“, “Immensamente“, “Qualcosa qualcuno“, “Il grido“, “Dimentica dimentica“, “Io muoio di te“, “Eva“, “Gli innamorati“.

Poi l’intermezzo del duetto con l’amico Al Bano, i due inediti “Vento d’aprile”, dedicato a Elisa, una bambina di 5 anni morta di leucemia, e “Torna a sognare“, per finire con la hit mondiale “Gloria“, scelta per la colonna sonora del film di Martin Scorsese “The Wolf of Wall Street”, ma anche per il film cult “Flashdance” diretto da Adrian Lyne.

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Bari Cultura e Spettacoli

Altamura ne “La fanciulla degli ori”, Marinaro: «I miei romanzi tra cronaca e storia» – L’INTERVISTA

Un intreccio tra mito, leggenda, storia e giallo, percorrendo l’asse Milano Altamura. Il nuovo romanzo di Laura Marinaro “La fanciulla degli ori”, pubblicato con la casa editrice Mursia, questa volta si cala nel profondo della città che ha dato i natali alla scrittrice. Come ci ha abituato con il romanzo precedente “Maremoto a Varigotti”, si tratta di un intreccio tra vero e verosimile, in uno stile scrittorio fluido, attento ai particolari e pieno di sorprese. La protagonista è Caterina Ferrari, un’archeologa. Non a caso la scrittrice ha scelto per questa sua nuova eroina un lavoro un po’ diverso dal personaggio precedente. Non ha direttamente a che fare con il mondo della polizia, ma non ne è neanche completamente estranea, essendo nipote di Alina Ferrari, l’ex colonnello dei Carabinieri. Appena assunta come ricercatrice nel nuovo Museo delle Scienze Antropologiche di Milano, si trasferisce temporaneamente ad Altamura per la vendita di una casa di famiglia nel centro storico. Milano e Altamura incarnano i due amori di Caterina, Marco e Luca, due uomini tanto diversi da confondere la ragazza, un po’ come le due città in cui si muove. Nella cittadina famosa per il pane, Caterina si trova suo malgrado a fare una sensazionale scoperta archeologica, ma anche a dovere «indagare» su due omicidi legati in qualche modo al museo e all’antica maledizione seguita alla scoperta della “Fanciulla degli ori”.

Il secondo libro è ambientato nella sua città. Come mai ha scelto Altamura? Che ruolo ha la città per la trama?

«L’ho scelta perché lo spunto è arrivato proprio da La Fanciulla degli ori, una scoperta archeologica conservata nel Museo archeologico cittadino e dalla sua storia affascinante. La città è uno dei protagonisti, ha un ruolo importantissimo così come Milano, dove vive e lavora Caterina Ferrari la protagonista».

Un’archeologa, contrariamente alla protagonista di “Maremoto a Varigotti”. Cosa l’ha spinta a scegliere questo mestiere?

«Proprio lo spunto della fanciulla e poi lei è un’archeologa ma specializzata in antropologia forense, una delle scienze forensi più affascinanti che ho studiato e che si occupa di scheletri».

Chi è la fanciulla degli ori e come è venuta a conoscenza di questa leggenda?

«Dal Museo. i tratta di uno scheletro del II secolo dopo Cristo, contenuto in una tomba affrescata con un corredo di ori importante e bellissimo. La leggenda è una mia invenzione ma non si discosterebbe da storie di quell’epoca».

Quanto della sua esperienza crime c’è nei suoi romanzi? Come la aiuta a sviluppare le trame?

«L’esperienza c’è. Anche i giornalisti di nera ci sono sempre nei miei romanzi e poi ci sono le conoscenze delle tecniche d’indagine e delle scienze forensi».

Quando scrive un nuovo libro il finale è già presente nella sua idea o lo scopre strada facendo?

«C’è già subito. In genere si fa un canovaccio prima con la descrizione dei personaggi principali poi gli altri vengono man mano a sceglierti. Luoghi cibi e situazioni si sviluppano man mano che si narra. Sono i personaggi che entrano nel processo e mi aiutano a completare l’idea del finale».

Nel testo lei nomina Yara Gambirasio. Un caso del quale ha avuto esperienza in prima persona. Che collegamenti ha tracciato tra il suo personaggio e la ragazza di Brembate?

«Il collegamento è proprio riferito all’antropologia forense e al fatto che Cristina Cattaneo, l’anatomopatogoa più nota d’Italia che lavorò al caso, è la datrice di lavoro di Caterina ed è nel libro».

Da dove parte per costruire i tratti del serial killer?

«La realtà offre numerosi spunti. Le mie idee si sviluppano sempre su fatti veri. Sono i giornali e le cronache che mi ispirano. La vita vera e la Storia, come in questo caso, sono protagoniste. Non amo né il fantasy né la fantascienza o il soprannaturale. Le mie storie sono tutte verosimili, qualcosa che permetta l’immedesimazione del lettore, che si cala interamente nella vicenda e la sente vicina».

Mette mai qualcosa di personale nei sui romanzi?

«Si molto, non solo qualcosa di autobiografico, ma anchecaratteriale. Non sono fatti o situazioni, ma sicuramente lati del carattere, sentimenti di Caterina sono anche miei. Le mie protagoniste mi assomigliano sempre per qualche lato della loro personalità. Forse Alina era meno simile, ma qualche tormento o situazioni erano reali».

Ha già un altro romanzo nel cassetto? Sarà ambientato ancora in Puglia?

«Ho qualche idea. Sto pensando ad un’ambientazione in Brianza ma con qualche incursione in Puglia, magari al mare».

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Cultura e Spettacoli Lecce

Notte della Taranta, Laccio è il coreografo. E il concertone “invade” le strade di tutta Italia – VIDEO

Laccio, al secolo Emanuele Cristofoli, è il coreografo che firmerà le performance della 27esima edizione del concertone della Notte della Taranta in programma il 24 agosto a Melpignano.

Il coreografo, già direttore artistico del programma X Factor, ha curato le performance di Raffaella Carrà e Laura Pausini in occasione di Eurovision e del Festival di Sanremo 2022. Sua è stata anche la messa in scena dei Maneskin ospiti del Saturday Night Live, lo show della rete statunitense Nbc.

Da oggi e fino al 22 agosto Laccio coordinerà i danzatori per la formazione di 12 quadri alcuni dei quali coinvolgeranno le artiste ospiti del concertone, come Angelina Mango che ballerà sulle note di un brano molto amato dal popolo della Taranta.

«Sono molto entusiasta di partecipare alla Notte della Taranta – dichiara Laccio – rappresenta per me un’opportunità unica di esplorare e celebrare le radici profonde della nostra tradizione, portando al contempo una proposta di innovazione e contaminazione con delle danze più urbane. Il mio obiettivo – prosegue- è creare un dialogo tra il passato e il presente, fondendo elementi tradizionali con influenze contemporanee per offrire al pubblico un’esperienza emozionante e coinvolgente». Il concertone sarà trasmesso in diretta su Rai3 e Rai Radio 2.

La Taranta nelle strade delle città italiane

La Notte della Taranta, intanto, da oggi fino al concertone del 24 agosto, “viaggerà” per le strade di Napoli, Milano e Roma grazie all’iniziativa realizzata dalla Fondazione con Pugliapromozione e Urban Vision.

Sulle note del ritornello di Ri Lo La La, le sequenze del concertone invaderanno le strade delle città italiane.

«Agevoliamo un dialogo tra città e persone proiettando bellezza», afferma il presidente della Fondazione La Notte della Taranta, Massimo Bray. «Sempre in movimento, come fa la musica in una contaminazione di linguaggi tra storia, tradizione e innovazione, per intercettare una audience dinamica. Un primo importante passo verso una Taranta sempre più inclusiva», aggiunge.

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Bari Cultura e Spettacoli

Il pianista Benedetto Lupo e i “Solisti” del Festival Ritratti in concerto a Monopoli

Allo straordinario Benedetto Lupo & ai Solisti del Festival Ritratti è affidata la chiusura della XX edizione di “Ritratti Festival” che anche quest’anno, ha inondato le piazze, le strade, i palazzi di Monopoli con i progetti musicali degli artisti invitati a celebrare un compleanno davvero speciale, arricchendo l’offerta anche con talk, laboratori, mostre in alcuni dei luoghi più rappresentativi della città.

L’appuntamento di chiusura è in programma stasera alle 21 nel Chiostro di Palazzo San Martino, sede storica del Festival, a Monopoli. Il pianista pugliese Lupo si esibirà con i “Solisti del Festival Ritratti” (Emanuele Urso – corno, oggi Primo Corno Solista al Teatro alla Scala di Milano; Lorenzo Rovati e Sara Dionisia Zeneli . violino, Giuseppe Russo Rossi – viola, Roberto Mansueto – violoncello) per una serata che si preannuncia indimenticabile, con un programma che spazia da Robert Schumann con “Kinderszenen, Scene Infantili op.15” a Johannes Brahms con “Trio op. 40” e ancora Schumann con “Quintetto op. 44” (biglietti su www.ritrattifestival.it).

Il concerto è stato preceduto ieri dall’ultimo appuntamento di Ritratti Talk sulla Terrazza Food Lab della Biblioteca Rendella. Protagonisti sono stati gli stessi Benedetto Lupo e “Solisti del Festival”, che prima del concerto in programma oggi, hanno dialogato sul tema “È più vero il reale o il fantastico?” Intorno alla figura di Robert Schumann.

Nel suo primo anno di residenza a Ritratti, Lupo ha scelto di impaginare un programma cameristico con i compositori di cui è considerato uno dei più raffinati interpreti. Brahms e Schumann, appunto. Molto forte la decisione di circondarsi di artisti emersi dalle fucine dei Conservatori, in particolare pugliesi, oggi protagonisti di brillanti carriere internazionali.

«Ritratti è un sogno studentesco oggi diventato realtà riconosciuta. Questa ventesima edizione è stata pensata con un cambio di passo, a conferma di uno stile consolidato, ma con la prospettiva di aprire nuove strade: la multidisciplinarietà del cartellone, la condivisione di progetti tra diverse generazioni, il legame con l’architettura dei luoghi, il coinvolgimento di nuovo pubblico in sfide spesso sperimentali e innovative a cui c’è una risposta sempre curiosa e attenta, sono gli ingredienti di venti anni di sacrifici per arrivare dove siamo oggi – commenta Antonia Valente, direttrice artistica avvicinandosi alla fine di Ritratti Festival-. E in questo percorso non posso che iniziare dal ringraziare la comunità, che anno dopo anno è cresciuta insieme al mio sogno di ragazza, e che rende possibile sostenere e realizzare produzioni musicali che altrimenti resterebbero solo nella mia immaginazione, costruite con grande professionalità e affetto dagli interpreti coinvolti, dai collaboratori e operatori tecnici, instancabili nel cuore di un’estate caldissima, grazie anche al contributo di istituzioni e sponsor che sono per noi fondamentali. Certo non posso nascondere che non manchino difficoltà e ostacoli da superare, e non è sempre facile farlo. Servono determinazione e soprattutto tanta energia, ogni giorno. Gli applausi alla fine di ogni concerto, i sorrisi dei bambini, gli sguardi, la gioia e il calore del pubblico e di tutta la comunità di Ritratti, ogni volta mi spinge a pensare che ne vale sempre la pena, soprattutto se tutto viene condiviso con gli altri. Ritratti Forever Young è dunque un monito: saper conservare lo spirito dell’inizio per scrivere pagine sempre nuove, diventando il quaderno su cui, accanto a me, nuove generazioni di musicisti incredibili possano affiancarmi nel continuare a scrivere la mia e la loro storia artistica personale, investendo su sé stessi come io stessa ho fatto da ragazza».

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Cultura e Spettacoli Lecce

Geolier a Gallipoli fa tappa all’Oversound music festival: al parco Gondar il 12 agosto

Il rapper napoletano Geolier, dopo un 2023 da record e un inizio 2024 altrettanto trionfale, non accenna a rallentare. Reduce dal successo di Sanremo e di tre date sold out allo Stadio Maradona, l’artista è pronto a infiammare l’estate con un tour che lo porterà sui palchi dei più importanti festival italiani.

Da Messina a Gallipoli, passando per Roma, Milano e la Sardegna, Geolier presenterà dal vivo i brani del suo ultimo album, conquistando il pubblico con la sua energia e la sua autenticità. Ad accompagnarlo sul palco, una band di musicisti d’eccezione che lo sosterrà in ogni tappa del tour.

Il rapper campano, dopo esser stato ospite a Foggia per il “Road to Battiti”, sarà presente all’Oversound music festival il 12 agosto a Parco Gondar a Gallipoli.

Il futuro di Geolier

Nonostante il successo del momento, Geolier ha già svelato i suoi prossimi progetti: un tour nei palasport a marzo 2025 e un imperdibile live all’Ippodromo di Agnano il 25 luglio dello stesso anno.

Un fenomeno senza precedenti Geolier rappresenta un fenomeno unico nel panorama musicale italiano, capace di unire generazioni diverse e di conquistare un pubblico sempre più vasto. La sua musica, un mix tra rap, pop e melodie napoletane, è la colonna sonora di un’intera generazione.

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Brindisi Cultura e Spettacoli

Stupor Mundi, un viaggio musicale attraverso la Puglia: domani Tozzi e i Pooh

La Puglia continua a far vibrare le corde della musica con lo Stupor Mundi Festival, una rassegna itinerante che celebra le tradizioni e la cultura del territorio. Dopo l’apertura con Claudia Gerini e Solis String Quartet e Cristiano De André, il festival prosegue con un cartellone ricco di stelle della musica italiana.

Tozzi, Bennato, Pooh e tanti altri

Stasera, a Mesagne, sarà il turno di Ghemon con il suo concerto-spettacolo “Una cosetta così”. Giovedì 8 agosto, Umberto Tozzi porterà la sua voce inconfondibile al Forum Eventi di San Pancrazio Salentino con “L’ultima notte rosa”, un’esclusiva regionale accompagnata da un’orchestra di 21 elementi. Seguiranno Eugenio Bennato & Taranta Power, Filippo Graziani con un omaggio a suo padre Ivan Graziani, i Pooh con “Amici x sempre” e, in chiusura, Nina Zilli con il suo “Summer”.

Il festival, diretto artisticamente da Vincenzo Gianfreda, offre un mix di generi musicali, dal pop al rock, dalla world music al cantautorato, con l’obiettivo di valorizzare la tradizione della canzone di qualità e di coinvolgere un pubblico sempre più ampio.

Lo Stupor Mundi Festival, sostenuto dai Comuni di Ceglie Messapica, Francavilla Fontana, Mesagne e Ostuni e inserito tra i Grandi Eventi dalla Regione Puglia, rappresenta un importante volano per la promozione del territorio e un’occasione per vivere la Puglia attraverso la musica.

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