Bloccati per tre giorni all’aeroporto di Madeira, sono finalmente riusciti a tornare a casa. Ancora un rientro da incubo per dei turisti pugliesi che sarebbero dovuti ritornare in Puglia a ferragosto dopo una vacanza a Madeira. Il volo era stato programmato per il 15, alle 19.40, ma non è mai arrivato. Lo racconta Vito Pagone, uno dei baresi che sono stati costretti a dormire in aeroporto.
«Siamo arrivati in aeroporto sapendo che il volo sarebbe stato in ritardo. – racconta – Abbiamo atteso ma poi ci hanno comunicato che era stato proprio cancellato e riprogrammato per il giorno dopo, ma anche l’indomani non siamo riusciti a partire».
Il disservizio è stato causato dal maltempo e dall’eccessivo traffico aereo che si era creato attorno al piccolo aeroporto dell’isola, tanto che il mezzo destinato al ritorno è stato anche dirottato sul Portogallo. Essendo il maltempo una delle cause, i passeggeri non hanno avuto il diritto all’alloggio e ai circa 100 passeggeri in attesa sono stati distribuiti dei materassi per dormire per terra nell’attesa di un volo di ritorno.
«Ci siamo rivolti all’ambasciata italiana – spiega – che ha spisto la compagnia Wizz air a programmare un volo di emergenza per farci tornare. Ma il bello è stato che l’hanno reso disponibile sul sito e, a causa delle tante tratte cancellate, è subito andato in overbooking».
Solo alcuni dei passeggeri sono riusciti a prenotare il volo d’emergenza, non avendo goduto della priorità. Molti sono rimasti in aeroporto, nell’attesa di poter salire su un qualsiasi mezzo per l’Italia.
Prima alcune galline adesso quattro capre. I lupi hanno compiuto la scorsa notte una incursione all’interno di un recinto situato a ridosso dei fabbricati della masseria San Vittore, a pochi chilometri da Castel del Monte, che ospita il progetto diocesano “Senza Sbarre”. Una razzia che non ha lasciato scampo alle povere bestie, animali allevati dai detenuti residenziali e semiresidenziali, presenti nel complesso murgiano di proprietà della Chiesa di Andria. Ferito a una zampa anche un cane.
Lo sgomento
I latrati dei cani e la lotta per cercare di salvare le capre assalite dai lupi sono stati distintamente uditi dalle persone presenti, che non hanno potuto far altro che restare all’interno e attendere che i lupi andassero via. «La perdita di questi animali è un duro colpo per la nostra comunità», sottolinea don Riccardo Agresti. Insieme a don Vincenzo Giannelli sono i pilastri del progetto di rieducazione e reinserimento sociale dei detenuti, voluto dal Vescovo monsignor Luigi Mansi. «Anche capre e galline contribuiscono con i prodotti della terra a sostenere questo innovative progetto sociale. Noi viviamo delle vendite dei nostri prodotti e perdere in questo modo i nostri animali, ci rattrista molto. Faccio appello a quanti vogliono sostenerci e aiutarci nel cammino che stiamo compiendo, a donarci altri animali da cortile o di piccola taglia, come capre e pecore. Dal latte e dalla loro carne, potremo ottenere i prodotti che servono al sostentamento di questa nostra missione sociale”. R.Dal
I recenti fatti di cronaca delle ultime settimane evidenziano che nella città di San Severo sono in aumento episodi violenti ed intimidatori nei confronti di cittadini, aziende, enti pubblici e istituzioni locali. Inizia cosi la nota inviata al prefetto di Foggia, Maurizio Valiante, dalla sindaca di San Severo, Lydia Colangelo, che chiede di «valutare l’opportunità di convocare, nei prossimi giorni, un Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica per esaminare congiuntamente la situazione del territorio di San Severo e mettere a punto misure efficaci per far fronte ai fatti criminosi denunciati e per elevare lo standard di sicurezza dei cittadini di San Severo».
Sono diversi gli episodi delittuosi, compiuti negli ultimi giorni a San Severo, che hanno allarmato l’opinione pubblica. Prima l’ordigno fatto esplodere dinanzi al locale di una parrucchiera, poi il danneggiamento del vigneto di un giovane agricoltore e ancora diversi furti compiuti nelle scuole cittadine oltre a cavi di rame sottratti lungo la linea ferroviaria.
«Il mio ruolo di sindaco della città – conclude Colangelo nella nota – mi impone di richiamare la Sua attenzione sul territorio di San Severo per un intervento urgente con l’applicazione di misure concrete e idonee a garantire la sicurezza della popolazione e dell’imprenditoria locale.
«Se invece di essere un poliziotto penitenziario seduto su una sedia con il volto pieno di sangue e varie escoriazioni sul corpo, fosse stato un detenuto a quest’ora sarebbe intervenuto il presidente della Repubblica, del Consiglio, tutta la politica, eppoi le associazioni, i garanti, e per finire la magistratura con gli avvisi di garanzia». Così in una nota il segretario nazionale del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (SAPPE), Federico Pilagatti, in riferimento agli ultimi episodi di cronaca accaduti ieri sera in carcere a Bari.
La sconfitta dello Stato
«Invece la rivolta di Bari si è conclusa ancora una volta con la sconfitta dello Stato che permette ai detenuti violenti che si macchiano di reati gravi di fare quello che vogliono, garantendogli praticamente l’impunità e violando con ciò le leggi che valgono solo per i normali cittadini».
La rivolta annunciata
«Era una rivolta annunciata a Bari poiché gli esecutori sono detenuti violenti seriali che stanno facendo il tour delle carceri pugliesi abbattendo i poliziotti uno per uno, a cui invece di applicare le misure previste dalla legge, vengono ospitati nelle normali sezioni detentive in attesa di punizioni che chissà se mai arriveranno».
«Comunque nella serata di ieri sera i 4 partecipanti alla rivolta sono stati trasferiti a Lecce, Trani, Taranto, Foggia e sicuramente ne sentiremo parlare ancora per aggressioni a poliziotti. Peraltro il Capo di questa ribellione è un certo signor Osamede che negli ultimi 50 giorni di detenzione a Bari ha mandato all’ospedale ben 3 poliziotti, però come denunciato dal SAPPE nei giorni scorsi non dovrebbe nemmeno stare nel carcere poiché è disturbato mentale in attesa di un posto nelle Rems, per cui nessun provvedimento disciplinare, anzi lo staff multidisciplinare del carcere dopo l’ultima aggressione di qualche giorno fa ad un poliziotto, ha proposto per lo stesso l’ergoterapia che è una “disciplina riabilitativa che promuove la salute e il benessere attraverso l’occupazione, ovvero l’utilizzo delle attività quotidiane, manuali e ludiche” premiandolo, tanto è vero che il detenuto riconoscente per ciò li ha ringraziati con la sommossa”».
«Il SAPPE quindi ritiene che i colpevoli per quanto accaduto ieri sera nel carcere di Bari siano i responsabili regionali della salute che non hanno provveduto a trasferire OSAMEDE in una REMS violando così una norma di Legge, e l’amministrazione penitenziaria che invece di applicare gli articoli 14 bis ord. Pen.(carcere più duro) e 32(trasferimento in sezioni particolari) li lasciano andare in giro per le carceri pugliesi con licenza di uccidere.
I fatti
«Ritornando ai fatti accaduti nella serata di ieri, ci è stato riferito che alla seconda sezione che si compone di tre piani ed un piano terra, erano presenti circa 135 detenuti mentre i poliziotti in servizio erano due. Il tutto è partito dalle 19.30 circa quando i detenuti in questione, visibilmente alterati, si rifiutavano di rientrare nella loro stanza, aggredendo e picchiando selvaggiamente il poliziotto che li invitava a rientrare».
«Subito dopo prendevano con se l’infermiera che si trovava nel piano per la distribuzione della terapia ai detenuti, un sequestro durato pochi minuti poiché si faceva subito avanti un sovrintendente della polizia penitenziaria che si offriva come ostaggio, chiedendo che l’infermiera fosse rilasciata. Una volta ottenuto lo scambio iniziava un lungo negoziato con i vertici del Carcere, mentre venivano richiamati in carcere i poliziotti dalle loro abitazioni e si attivava la procedura per cui partivano da altre carceri della regione altri agenti per fornire supporto ai colleghi di Bari. Infatti ci è stato riferito che a fronte di circa 400 detenuti presenti nel carcere di Bari fossero in servizio non più di una dozzina di poliziotti(14), che si erano anche ridimensionati a causa di un trasporto urgente di un detenuto in ospedale».
«Verso le 22.30 circa la trattativa si concludeva in maniera pacifica e si dichiarava conclusa l’emergenza. Subito dopo i detenuti in questione venivano trasferiti in altre carceri pugliesi ove, se non ci saranno provvedimenti urgenti del DAP, continueranno a creare disordini ed aggredire i poliziotti».
«Il Carcere di Bari così come le carceri pugliesi soffre di un sovraffollamento tra i più alti della nazione, con una capienza regolamentare di circa 260 posti mentre ospita oltre 400 detenuti.
Di contro l’organico della polizia penitenziaria che dovrebbe essere di circa 320 non supera le 230 unità
«Lo stiamo dicendo da mesi, oltre al sovraffollamento che potrebbe essere meglio gestito se i detenuti venissero equamente divisi tra tutte le regioni , il problema della violenza non può essere relegato a semplice fatto di cronaca in cui i poliziotti vengono aggrediti e mandati all’ospedale, poiché delegittimano ll ruolo dello Stato che oltre a garantire il rispetto delle leggi in carcere, deve tutelare anche i detenuti più deboli che sono spesso sopraffatti e soggiogati. Le leggi ci sono bisogna farle rispettare, solo così si diventa credibili e si riacquista la fiducia nelle istituzioni».
La Ladisa Ristorazione si è correttamente aggiudicata il servizio di ristorazione nella Asl di Taranto. Lo hanno stabilito i giudici del Consiglio di stato (terza sezione), respingendo il ricorso della Vivenda spa (in raggruppamento temporaneo di imprese con la Cooperativa di Lavoro Solidarietà e Lavoro Soc. Coop) e confermando la stessa decisione presa mesi fa dal Tar Puglia. Hanno messo così la parola ‘fine’ al contenzioso e dato il via all’esecuzione dell’appalto.
Il ricorso
Il ricorso di Vivenda era finalizzato ad ottenere l’annullamento dell’aggiudicazione e di tutti gli atti di gara e il subentro nell’appalto. La procedura, suddivisa in sei lotti, ha un importo complessivo di 372 milioni 398mila euro, più Iva. Per il lotto 6 si era classificata al primo posto in graduatoria la Ladisa con 99,87 punti e, al secondo posto, Vivenda e Solidarietà e Lavoro con 99,40 punti. Per i giudici romani, “l’appello di Vivenda deve essere dichiarato in parte inammissibile e per il resto respinto”. Per numerosi motivi.
I motivi
Innanzitutto la questione della distribuzione delle colazioni, correttamente eseguita dalla Ladisa (assistita dagli avvocati Angelo Clarizia, Luigi D’Ambrosio, Aldo Loiodice e Saverio Sticchi Damiani, Michelangelo Pinto, Pasquale Procacci): i giudici apprezzano “il trasporto delle derrate attraverso appositi carrelli, senza richiedere che i vassoi, trasportati mediante i carrelli, siano recapitati al letto dei pazienti già completamente assemblati: ciò si spiega – aggiungono – con l’esigenza di modularne il contenuto alle specifiche richieste dei destinatari del servizio”.
C’è poi la questione dei mezzi di trasporto, e in particolare di un furgone e-Ducato, che per la Vivenda non sarebbe adeguato perché non ha la possibilità di refrigerare. I giudici rispondono che, come già aveva sottolineato il Tar, non si esclude che possa essere appositamente modificato per consentire l’alimentazione dei carrelli “termorefrigerati”, durante il trasporto.
Le conclusioni
Un altro punto contestato era la parte dell’offerta relativa al costo del personale: “i rilievi formulati risultano fondarsi su ipotesi valutative, alquanto generiche e parcellizzate di singole voci di costo e su dati non sostenuti in realtà da alcuna prova. Il giudice amministrativo – concludono – non può procedere ad alcuna autonoma verifica della congruità dell’offerta e delle singole voci, che rappresenterebbe un’inammissibile invasione della sfera propria della Pubblica amministrazione, può solo verificare il giudizio sotto i profili della logicità, della ragionevolezza e dell’adeguatezza dell’istruttoria”. Per tutte queste ragioni, il Consiglio di Stato respinge il ricorso e conferma la sentenza di primo grado.
«Cresce in Puglia il numero degli animali da affezione, soprattutto cani e gatti per un totale di quasi 731mila esemplari. La Puglia però è anche una delle regioni più colpite dal fenomeno grave e triste dell’abbandono degli animali». A dirlo è Coldiretti Puglia, dopo una analisi dei dati dell’Anagrafe Animali d’Affezione del Ministero della Salute, che conta in Puglia 645.604 cani, 85.122 gatti e 27 furetti, in occasione della Giornata mondiale degli animali senza dimora e randagi che si festeggia il 18 agosto, vittime spesso proprio di abbandono.
«Oltre una famiglia pugliese su tre (40%) ospita animali da compagnia, dato superiore a quello nazionale che si ferma al 33%, con il 62% di chi ospita animali domestici che spende mensilmente tra i 30 e i 100 euro – evidenzia Coldiretti – e solo il 19% meno di 30 euro mensili, mentre il 15% di chi ha un animale gli dedica un budget che va dai 100 ai più di 300 euro al mese, secondo l’Eurispes. Ma c’è anche un 4% che sborsa più di 300 euro, una percentuale praticamente triplicata rispetto all’anno precedente».
Sull’amore per cani e gatti pesa però anche il business criminale legato al mercato nero che, fra allevamenti clandestini in Italia e arrivi illegali dall’estero, coinvolge oltre 400mila cuccioli per un giro d’affari da 300 milioni di euro all’anno, secondo l’analisi della Coldiretti su dati Osservatorio Agromafie. I trafficanti rilasciano documentazione contraffatta che attesta la falsa origine italiana degli animali e riporta trattamenti vaccinali e profilassi mai eseguiti, con i cuccioli il più delle volte trasportati nascosti e pressati dentro contenitori, doppi fondi ed altri ambienti chiusi, stipati in furgoni e camion che percorrono lunghi tragitti.
«Ad esserne colpiti – conclude Coldiretti – sono, oltre che gli allevatori ed i rivenditori onesti, in primo luogo gli animali stessi, vittime quasi sempre di maltrattamenti ed abusi. Quello dei cuccioli clandestini è un commercio che talvolta si realizza anche con la complicità di chi ricicla nel mercato legale animali di provenienza illegale».
«Quando ho visto il sangue che mi colava giù per il collo, abbondante, mi è preso il panico, non riuscivo a rendermi conto di cosa fosse accaduto, fino a un minuto prima ero seduto con i miei amici a un tavolino del bar, a chiacchierare, mentre bevevo una bottiglietta d’acqua dopo il Fantacalcio, un minuto dopo ero stato colpito fra capo e collo e sanguinavo». È ancora scosso Vincenzo Domenico Stella, un 29enne di Barletta, vittima di un’aggressione singolare avvenuta intorno alle 4 del mattino di sabato, mentre era all’esterno di un bar in piazza Aldo Moro.
Il fatto
I suoi amici, racconta, avevano visto quell’uomo avvicinarsi, ma pensavano lo conoscesse, come a voler fare uno scherzo. Solo dopo hanno realizzato che così non era. L’aggressore è fuggito e, dopo un breve inseguimento, gli amici della vittima hanno preferito pensare a lui.
«Sia il proprietario del bar che gli altri mi hanno aiutato – racconta – poi sono andato al pronto soccorso dove mi hanno messo un paio di punti di sutura. La ferita ha smesso di sanguinare e io sto bene». L’inquietudine, però, quella non è passata. «Non no cosa avesse nella mano chi mi ha colpito, fra l’altro in un punto molto delicato, alla radice del capo, forse un piccolo oggetto tagliente o un anello, sono stato fortunato ma quello che è successo mi ha fatto riflettere, un’aggressione gratuita, violenta, arrivata dal nulla». Stella ha deciso di denunciare ed è stato dai carabinieri. «Mi hanno chiesto di tornare e lo farò, anche se in questi casi, magari non nel mio nello specifico, 24 ore possono fare la differenza».
L’emergenza sicurezza
«Il punto è che in questa città, dove io per scelta sono rimasto, nonostante lavori per una testata e una agenzia di comunicazione di Milano, la violenza è sistemica mentre la sicurezza non lo è». Vincenzo Stella è un avvocato, fa il giornalista e lavora col web e ieri lo ha usato, come pure gli amici che erano con lui, per denunciare pubblicamente l’aggressione subita, per senso civico e di responsabilità, quasi a voler suonare con forza un campanello d’allarme nella speranza che chi deve intervenga. «Io ho scelto di vivere qui pur lavorando da remoto ma c’è sempre meno attrattiva a rimanere. Se è capitato a me potrebbe capitare a chiunque, quello che mi è successo deve fare riflettere. Qui ci sono i miei affetti, la mia ragazza, le cose più belle che ho sono in questa città, ma non nascondo di nutrire un pizzico di risentimento».
Fuga di turisti da Pulsano. Chi ha preso casa o alloggia in hotel, dopo gli esami dell’Arpa che rilevano la presenza di amianto nell’aria, ha paura. Prenotazioni annullate e, ciò che è peggio, persone che vanno via in anticipo chi dalle proprie case di villeggiatura, chi dai villaggi turistici.
Gli esami
L’amianto c’è, non c’è alcun dubbio. Ed è stato sprigionato dalle fiamme, dopo l’incendio del 30 luglio scorso al lido Silvana.
La mappa del veleni
Dopo il fuoco che ha divorato tutto, ricordiamolo, l’Arpa ha disposto un’ispezione con tanto di campionamenti e ha prodotto una relazione in cui si conferma la presenza di fibre di asbesto lungo la strada di viale delle Rose e nell’area Eden Park, così come polveri di amianto sono in prossimità di bungalow e nei pressi dell’hotel parco verde.
«Bonificate le strade»
Non c’è storia per l’Arpa si deve provvedere al risanamento anche delle strade pubbliche aperte al traffico veicolare e pedonale. «Pertanto – scrive Arpa Puglia nel documento – è opportuno che si provveda in tempi brevi alla bonifica dell’area mediante rimozione di tutti i materiali pericolosi presenti, attività che dovrà essere svolta da una Ditta di Bonifica Specializzata. Bisogna inoltre prevedere una messa in Sicurezza di Emergenza al fine di ridurre l’eventuale dispersione di fibre di amianto nella matrice aria. Si ritiene necessario procedere con sollecitudine alla bonifica delle strade pubbliche aperte al traffico veicolare e pedonale in prossimità del sito in oggetto dove sono stati rinvenuti alcuni frammenti».
E’ scritto nell’ordinanza. Non è una previsione allarmistica, ma un dato scientifico. Sia chiaro le fibre di amianto se non si “sfladano” non sono pericolose, ma se si disperdono nell’aria sì. In fondo il risanamento completo dall’amianto nelle strutture non è mai avvenuto, ma se appunto messe in sicurezza non c’è alcun tipo di problema.
L’ordinanza del sindaco
Intanto il sindaco di Pulsano Pietro D’Alfonso, ha convocato un consiglio comunale il 30 di agosto che ha come tema proprio l’incendio e la bonifica. E ha ordinato l’immediato risanamento con tanto di ordinanza, ad horas, poche ore dopo la relazione dell’Arpa. Di più il Comune non poteva fare. Ma chi ha preso casa in questi giorni di agosto, chi è nei bungalow o in hotel sta andando via, anche perchè è proprio l’area della marina ad essere interessata alla dispersione di amianto nella zona, quella appunto andata a fuoco e che ha protato alla morte di una anziana villeggiante, praticamente rimasta bruciata perchè non ha fatto in tempo a scappare. Oggi però è davvero il caso di dire che per Pulsano non c’è pace. I turisti non reggono allo stress e alla paura. E la bonifica ha comunque bisogno di sessanta giorni di tempo, prima che sia compiuta. Non è cosa semplice. Ad oggi il paesaggio nella zona è spettrale. E si fa avanti da parte dei residenti l’idea di costituirsi in comitato. «E’ una tragedia per noi che viviamo qui, non solo per i rischi alla nostra salute, ma anche per tutto ciò che a livello economico comporta questo disastro», dice Lucia D’Ettorre, una delle persone che vivono la marina per tutto l’anno.
A puntare i riflettori sui problemi con cui i commercianti devono fare i conti è Mimmo Tarantini, presidente dell’associazione “La Formica”, che ha già fissato un incontro con Leccese e Petruzzelli
Bari ha finalmente la sua Giunta. Il sindaco Vito Leccese ha nominato venerdì gli assessori comunali che lo accompagneranno nel governo della città per i prossimi cinque anni. Ora non resta che aspettare per capire quali saranno le prime mosse della nuova squadra di governo cittadina. Uno dei settori più importanti per Bari è sicuramente quello del Commercio, ora più che mai messo alle strette. Ma cosa si aspettano i rappresentanti di categoria dalla nuova Giunta?
Le parole di Confesercenti
Raffaella Altamura, presidente di Confesercenti Bari, si è detta felice di poter proseguire il dialogo costruito nel quinquennio precedente e pronta a creare un tavolo di lavoro per continuare ad agire sul solco delle iniziative già intraprese a sostegno del commercio. «È importante comprendere – ha spiegato – come usufruire del turismo, nuova forza per Bari, e usarlo come traino anche per le attività commerciali, rendendolo un’occasione per la città anziché un qualcosa di negativo per residenti e attività». L’importante ora, per Confesercenti, è trovare una sinergia comune per intervenire sui problemi legati a sicurezza, movida, decoro urbano e pulizia del capoluogo. «Relativamente ai rifiuti e al decoro urbano – ha aggiunto – già prima delle vacanze abbiamo avviato un tavolo di concertazione con l’amministrazione, per cui siamo già al lavoro».
Un settore in crisi
«La situazione è diventata insostenibile». A puntare i riflettori sulle difficoltà con cui i commercianti devono quotidianamente fare i conti è Mimmo Tarantini, presidente dell’associazione “La Formica”, che ha affermato di essere già stato contattato da Pietro Petruzzelli, neo assessore allo Sviluppo locale, e da Vito Leccese, con i quali ha fissato un incontro i primi giorni di settembre per definire un piano strategico per il commercio. «Bari è fondata sul commercio – ha sottolineato – In passato degli errori sono stati fatti, ora voltiamo pagina e ricominciamo». Vista la gravità della situazione, per Tarantini è imprescindibile scendere in campo con azioni che riguardino la città a 360 gradi, sopratutto le periferie. «Oggi siamo arrivati alla canna del gas. Non ci accontentiamo più delle promesse, i commercianti sono esausti. Dobbiamo tutti voler bene alla città». L’ambito su cui è necessario intervenire con più urgenza, ha spiegato Tarantini, è quello delle tasse, che «vanno abbassate sin da subito». Un altro punto importante sarebbe l’organizzazione di eventi che permettano alle periferie di risorgere. «La prima cosa che chiederò – ha aggiunto – è quella di organizzare un grande Natale, ma non solo in centro. Gli eventi che coinvolgono il food, ad esempio, attirano tanta gente. Abbiamo bisogno di coinvolgere tutti».
Le congratulazioni
Dalla presidente della Camera di Commercio di Bari, Luciana Di Bisceglie, sono arrivate le prime congratulazioni per la formazione della nuova squadra: «Le città sono organismi viventi, al pari dei cittadini che le abitano – ha affermato – Ciascuna delle nuove deleghe risponde alle mutate caratterizzazioni di ciascun ambito di competenza, che si arricchiscono di significati e contenuti espressi in termini di esigenze, della città e dei cittadini». La presidente ha poi specificato che la Camera di commercio è pronta a collaborare «in modo propositivo» con il Comune e con la Città metropolitana per promuovere uno sviluppo trasversale e sostenibile. «La città di Bari si appresta ad affrontare un percorso che la vedrà sempre più proiettata ad essere un punto di riferimento in Italia – ha commentato il presidente della Fiera del Levante, Gaetano Frulli – con obiettivi sempre più ambiziosi e strategici. Siamo fortemente convinti che il sindaco Vito Leccese, con la nuova giunta, saprà affrontare al meglio il tutto, con la giusta visione e le adeguate competenze».
Dopo la denuncia di Legambiente Porto Cesareo che aveva parlato di «turismo criminale» perché «consuma e perpetra reati», intervengono i consiglieri di opposizione e del gruppo misto che accusano la sindaca Silvia Tarantino di «scarsa attenzione davanti ad una situazione che sta sfuggendo letteralmente di mano». I consiglieri Eugenio Sambati, Anna Peluso, Francesco Schito, Anna Paladini e Stefano My esprimono molta preoccupazione per i danni che sta subendo Porto Cesareo.
Un paese ferito
«Ci uniamo alla denuncia di Legambiente Porto Cesareo, i danni fisici e d’immagine sono sotto gli occhi di tutti: tratti di muretti a secco distrutti, centinaia di massi sulla spiaggia libera, tonnellate di rifiuti di ogni tipo abbandonati in strada e in spiaggia, segnaletica spaccata, parcheggio selvaggio, campeggio sulle dune, commercio abusivo con gruppi elettrogeni, pozzi neri incontrollati», spiegano i consiglieri. «È uno scenario d’inciviltà sdegnante, stiamo per perdere tutti, il paese è ferito e in sofferenza, le forze sono esigue: pochi gli agenti di polizia municipale, pochi gli ispettori ambientali, scarsa l’attenzione del sindaco davanti ad una situazione che sta sfuggendo letteralmente di mano. Sulla sua pagina Facebook dominano le locandine di eventi d’intrattenimento, nessuna preoccupazione per quello che accade. È accettabile? Non si può andare avanti così», accusa l’opposizione.
Ci tolgono il futuro
Giorni fa, altrettanto dura era stata la denuncia di Legambiente Porto Cesareo che ha scatenato una vera e propria bufera. L’associazione aveva evidenziato che, nonostante l’ultradecennale presenza di un’area marina protetta tra le più grandi d’Italia e di una riserva regionale terrestre di grande valore naturalistico, la realtà non cambia. «Da anni assistiamo ad un uso indiscriminato del territorio e di tutte le risorse ambientali come se non ci fosse un domani, in barba alle leggi di tutela dei parchi e alle basilari norme di pacifica e civile convivenza», l’accusa dei volontari che hanno denunciato il deturpamento della spiaggia e delle dune «ad opera di orde barbariche che non si possono definire turisti, ma teppisti ecologici». «Ci stanno distruggendo il patrimonio naturalistico, ambientale e culturale di inestimabile valore. In buona sostanza ci stanno togliendo il futuro», sostengono i volontari di Legambiente Porto Cesareo.